Il diritto di famiglia ancora al centro degli interessi del Parlamento.

Dopo la riforma del 2014 in materia di filiazione e di responsabilità genitoriale, il Parlamento italiano è recentemente intervenuto per modificare ancora una volta il diritto di famiglia, questa volta però allo scopo di snellire il procedimento che porta alla dissoluzione del vincolo matrimoniale.

Il 22 aprile scorso, infatti, la Camera dei deputati, con 398 sì, 28 no e 6 astenuti, ha definitivamente approvato la cosiddetta “Legge sul divorzio breve”. A seguito dell’entrata in vigore di tale novella legislativa, che attualmente è in attesa di essere promulgata dal Presidente delle Repubblica Sergio Mattarella e di essere successivamente pubblicata in Gazzetta Ufficiale, sarà possibile ottenere una pronuncia di divorzio dopo un periodo di separazione ininterrotta di un anno se la separazione è stata di tipo giudiziale, e di sei mesi se alla separazione si è giunti in maniera consensuale.
Dunque, grazie a questa riforma le oltre cinquantamila coppie che ogni anno decidono di porre definitivamente fine al legame coniugale che le univa, non dovranno più attendere “tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del Tribunale”. L’articolo 4 del disegno di legge approvato, inoltre, espressamente precisa che l’applicabilità di tali termini ridotti è estesa anche ai procedimenti di separazione che, alla data di entrata in vigore della novella legislativa, risultano ancora pendenti. È evidente che il Parlamento con tale precisazione abbia voluto ampliare il più possibile l’applicabilità delle nuove norme.

Per comprendere fino in fondo l’efficacia pratica di tale riforma normativa, occorre sicuramente considerare che a partire dalla fine del 2014 il legislatore italiano aveva già iniziato ad introdurre dei rimedi per semplificare, anche da un punto di vista strettamente processuale, i procedimenti di separazione e divorzio.

Il Decreto Legge n. 132 del 12 settembre 2014, convertito in legge il 10 novembre 2014 (legge n. 162/2014), infatti, ha statuito che anche i procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto possano essere condotti mediante il procedimento di negoziazione assistita.

Tale procedimento, come noto, si sostituisce all’ordinario procedimento giudiziale consentendo ai coniugi di rivolgersi direttamente agli avvocati per porre fine al legame coniugale. Dopo la sottoscrizione dell’accordo di negoziazione assistita i procuratori delle parti dovranno trasmetterne copia al Pubblico Ministero territorialmente competente per ottenere il suo placet e successivamente depositare tutta la documentazione presso gli Uffici dello Stato Civile.

Ma vi è di più. La summenzionata legge n. 162/2014, infatti, ha introdotto un’ulteriore modalità per giungere alla separazione consensuale o al divorzio congiunto: i coniugi che non hanno figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap e non intendono effettuare trasferimenti patrimoniali, possono rivolgersi direttamente al Sindaco (in qualità di Ufficiale dello Stato Civile) del Comune di residenza di uno dei due o del Comune ove l’atto di matrimonio è stato iscritto o trascritto, per sottoscrivere l’accordo di separazione o divorzio. La possibilità di ricorso all’Ufficiale dello Stato Civile è estesa, altresì, ai casi in cui il minore, maggiorenne incapace o portatore di handicap, sia figlio di uno solo dei coniugi ricorrenti.

E’ interessante considerare i patti di trasferimento patrimoniale, definiti dal legislatore della riforma come quei patti che siano “produttivi di effetti traslativi di diritti reali”, con ciò escludendo i casi in cui venga contemplato l’obbligo di pagamento dell’assegno periodico. Conseguentemente, la procedura potrà esperirsi anche nei casi in cui i coniugi, senza figli, intendano ottenere il riconoscimento di un importo a titolo di assegno divorzile.

Tale procedimento, oltre ad essere completamente gratuito, non richiede l’assistenza di un avvocato: le parti, infatti, possono in tutta autonomia rivolgersi ai competenti uffici comunali, dove dovranno ricomparire dopo 30 giorni dal deposito dell’accordo per confermare la propria volontà e le condizioni pattuite, per ottenere un accordo che produce gli stessi effetti di un procedimento giudiziale.

Da tutto quanto sopra riportato, è chiaro che il legislatore italiano sta cercando in tutti i modi di semplificare il più possibile tutte le procedure legali a causa delle quali gli stranieri hanno sempre considerato l'Italia come un paese arretrato e troppo burocratico.