CONCESSIONI BALNEARI

CONCESSIONI BALNEARI: LE SEZIONI UNITE CASSANO LA PRONUNCIA DEL CONSIGLIO DI STATO NELLA PARTE RIGUARDANTE L’ESTROMISSIONE DELLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA E LA REGIONE ABRUZZO.

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, SS. UU., SENTENZA N. 32599 DEL 2023

Il 9 novembre 2021, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 18, si era pronunciata circa la questione avente ad oggetto la disciplina dell’affidamento delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.

La controversia originava a partire da alcune diatribe di tipo interpretativo riscontrate nella giurisprudenza amministrativa, in seguito all’entrata in vigore della disciplina legislativa introdotta dalla L. n. 145/2018, che aveva concesso la proroga delle concessioni fino al 2033. E questo, nonostante sulla questione erano da tempo intervenute la Commissione Europea (che sin dal 2008 aveva censurato gli interventi con cui il legislatore italiano aveva prorogato le concessioni balneari) e la Corte di giustizia dell’Unione Europea (sentenza 14 luglio 2016, Promoimpresa (C-458/14 e C-67/15), che aveva sancito l’applicabilità della direttiva n. 2006/123/CE (c.d. Bolkestein) alle concessioni demaniali balneari, rimettendo al giudice nazionale la facoltà di  stabilire se le risorse naturali risultassero scarse, con conseguente applicazione dell’art. 12 della Direttiva, che vietava il rinnovo automatico delle autorizzazioni. A fronte dell’emersione di orientamenti contrastanti della giurisprudenza amministrativa, in merito all’eventuale sussistenza di un obbligo per le amministrazioni di disapplicare la disciplina interna contraria al diritto europeo, come aveva sostenuto in diversi pareri l’Antitrust, (in particolare, il TAR Catania aveva sostenuto la tesi della disapplicazione del diritto interno (TAR Sicilia, Catania, Sezione Terza, sentenza del 15 febbraio 2021, n. 504), mentre il TAR Lecce la tesi contraria (TAR Puglia, Lecce, Sezione Prima, sentenza del 15 gennaio 2021, n. 73), il Consiglio di Stato, investito della questione in grado di appello, decideva di intervenire in sede di Adunanza Plenaria, al fine di “assicurare certezza e uniformità di applicazione del diritto da parte delle amministrazioni interessate nonché uniformità di orientamenti giurisprudenziali”, data la “particolare rilevanza economico-sociale” della questione (Consiglio di Stato, decreto del 24 maggio 2021, n. 160). L’Adunanza, nel sancire la primazia del diritto dell’Unione Europea sulle normative nazionali di proroga delle concessioni, è giunta ad affermare l’obbligo di disapplicazione del diritto interno per violazione degli artt. 49 TFUE e dell’art. 12 della Direttiva n. 2006/123/CE da parte delle stesse amministrazioni. Il Consiglio di Stato aveva dunque annullato la proroga delle concessioni balneari al 2033 in quanto questa rappresentava un automatico rinnovamento a beneficio dei medesimi titolari e, pertanto, in contrasto con il diritto di matrice unionale inerente alle gare aventi ad oggetti beni del demanio pubblico. I giudici di Palazzo Spada, anzi, in luogo della proroga, avevano imposto l’integrale riassegnazione delle concessioni in oggetto, mediante gara pubblica, entro la data del 31 dicembre 2023. Contro la pronuncia del Consiglio di Stato presentavano ricorso anche alcune associazioni di categoria, tra le quali figurava il Sindacato Italiano Balneari (SIB), aderente all’associazione datoriale Confcommercio e la Regione Abruzzo: queste entità si erano costituite in giudizio come terzi interventori nella causa giudicata dal Consiglio di Stato, ma il giudice amministrativo aveva escluso i predetti soggetti, valutando inammissibili i loro interventi.

La decisione delle Sezioni Unite - La questione affrontata dalle Sezioni Uniti, lungi dal procedere ad un esame del merito della vicenda, tende ad inquadrare in via principale la disciplina inerente al riconoscimento dell'interesse legittimo di associazioni rappresentative di interessi collettivi, come il Sindacato Italiano Balneari (SIB) e l’Associazione Nazionale Approdi e Porti Turistici (ASSONAT), nonché di enti istituzionali come la Regione Abruzzo, a intervenire in giudizio amministrativo per la tutela di interessi collettivi connessi alla regolamentazione delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative. La Corte ha riconosciuto che l'esclusione di questi soggetti dal giudizio di appello, effettuata senza una concreta e specifica valutazione delle condizioni di ammissibilità dei loro interventi, costituisce un diniego o rifiuto di giurisdizione. Ciò si traduce in un eccesso di potere giurisdizionale poiché impedisce la tutela giurisdizionale di un interesse legittimo collettivo, degradandolo a un interesse di mero fatto non giustiziabile. Il principio fondamentale qui ribadito è che gli enti esponenziali di interessi collettivi hanno il diritto di intervenire in giudizio per la difesa degli interessi della collettività che rappresentano, purché gli effetti del provvedimento impugnato si risolvano in una lesione diretta delle loro finalità istituzionali e non siano considerati una mera sommatoria degli interessi individuali dei singoli associati. La decisione della Corte di Cassazione, quindi, non solo tutela l'accesso alla giustizia per gli enti rappresentativi di interessi collettivi ma pone anche dei limiti all'autorità giudiziaria nell'interpretare il proprio ambito di competenza, evitando così che possano verificarsi eccessi di potere che ledano diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. Sulle contestazioni mosse in merito alla mancata ammissione del Sib e della Regione Abruzzo, la Corte di Cassazione ha avallato le ragioni dei ricorrenti, riconoscendo l’eccesso di giurisdizione da parte di Palazzo Spada: tanto è bastato affinché la sentenza del Consiglio di Stato sia stata considerata non valida. Tuttavia, la Corte di Cassazione non è intervenuta su altre questioni sottoposte dal ricorso di Sib e della Regione Abruzzo. Nello specifico, il ricorso contestava la decisione di cancellare la proroga al 2033 - in quanto rinnovo automatico e generalizzato - e di introdurre al suo posto la validità delle concessioni fino al 31 dicembre 2023, quindi con un altro rinnovo altrettanto automatico e generalizzato. Su questi e altri aspetti tecnici la Cassazione ha omesso di esprimersi, rinviando a una nuova pronuncia del Consiglio di Stato e precisando che la questione è stata nel frattempo superata dall’intervento del legislatore. Difatti, ad agosto 2022 il Governo Draghi ha approvato la legge 118/2022 (legge sulla concorrenza) che ha applicato quanto disposto dal Consiglio di Stato, abrogando la proroga al 2033 e imponendo le gare delle concessioni entro il 31 dicembre 2023. Il c.d. Ddl “Concorrenza” (n. 118/2022) ha proceduto ad abrogare la proroga delle concessioni balneari al 2033, con la conseguente previsione che impone ai soggetti interessati ad ottenere le citate concessioni il regolare svolgimento delle relative gare ad evidenza pubblica, da concludersi entro la data del 31 dicembre 2023. La Cassazione, tuttavia, non ha in alcun modo provveduto ad una valutazione sostanziale della normativa sopravvenuta, lasciandola appunto ad una più puntuale analisi da parte del Consiglio di Stato.

In conclusione, a parere dei giudici di legittimità, si è trattato di un diniego della tutela giurisdizionale sulla base di valutazioni che, negando in astratto la legittimazione degli enti ricorrenti a intervenire nel processo, conducevano a negare financo l’ammissibilità in giudizio degli interessi (legittimi) collettivi da essi rappresentati, riducendoli sostanzialmente a meri interessi di fatto. La sentenza impugnata, di conseguenza, è stata ritenuta affetta dal vizio di eccesso di potere: avere escluso pregiudizialmente tutte le associazioni e gli enti dalla partecipazione alla fase del giudizio dinanzi all’Adunanza Plenaria, che era la sede nella quale sarebbero stati enunciati principi sostanzialmente vincolanti per i giudici e anche per le amministrazioni pubbliche, è indice (secondo le Sezioni Unite) «di diniego o arretramento della giurisdizione in controversia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo». Analoghe considerazioni valgono per la Regione Abruzzo, parimenti estromessa dal giudizio per inammissibilità dell’intervento. Significativo, a questo proposito, è il messaggio finale della sentenza della Cassazione: “spetterà al Consiglio di Stato pronunciarsi nuovamente, anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il parlamento e il governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti”.

autore: Dott. Antonio Guarino