Gli accordi di libero scambio dell’Unione Europea. Focus sul CETA: rischi e opportunità

In un complesso e delicato contesto economico internazionale sempre più caratterizzato da una tendenza involutiva della globalizzazione, a vantaggio di una ridefinizione in chiave regionalizzata degli scambi commerciali, lo strumento indispensabile per implementare una strategia commerciale efficiente ed efficace è rappresentato dai c.d. accordi di libero scambio, cioè accordi stipulati in conformità ai principi del diritto internazionale che hanno il fine di dar vita ad aree geografiche di libero scambio tra gli Stati contraenti e cooperanti. 
 
I citati accordi commerciali possono essere di tre tipi, a seconda del numero e della qualità dei contraenti: bilaterali, plurilaterali e multilaterali; gli attori internazionali che adottano tali reciproci accordi formano, dunque, un'area di libero scambio, all'interno della quale i commerci transfrontalieri di beni e servizi possono circolare liberi da barriere di natura tariffaria o non tariffaria, anche se ciascun Paese rimane comunque libero di applicare dazi, tariffe e quote sulle importazioni provenienti dai Paesi esterni all'area. Inoltre, si rende necessario sottolineare che la nozione di libero scambio non ricomprende al proprio interno la libera circolazione transfrontaliera di capitali e lavoratori (cioè dei c.d. fattori di produzione), nel qual caso si avrebbe invece un mercato unico. 
 
In ambito unionale, l'Unione Europea gestisce le relazioni commerciali con i Paesi terzi proprio avvalendosi degli accordi commerciali di libero scambio, concepiti allo scopo di creare migliori opportunità di scambi e superare le barriere commerciali. La politica commerciale dell'UE, inoltre, è utilizzata quale strumento politico per la promozione dei principi e dei valori europei. Gli accordi commerciali previsti in ambito internazionale e fatti propri dalla strategia commerciale comunitaria variano a seconda del loro contenuto e possono essere classificati come segue:
  • Accordi di partenariato economico (APE), sostengono lo sviluppo dei partner commerciali dei paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico;
  • Accordi di libero scambio (ALS), consentono l'apertura reciproca dei mercati tra i paesi sviluppati e le economie emergenti, mediante la concessione di un accesso preferenziale ai mercati;
  • Accordi di associazione (AA); rafforzano accordi politici di più ampia portata.
 
L'Unione Europea, inoltre, conclude anche accordi commerciali non preferenziali nell'ambito di intese più ampie, come i c.d. accordi di partenariato e cooperazione (APC). 
 
I negoziati relativi agli accordi commerciali sono condotti conformemente alle norme di cui all'art. 218 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE), il quale disciplina appunto la procedura di negoziazione degli accordi tra l’UE e i Paesi terzi. Nell’iter procedurale di formazione di nuovi accordi commerciali e nella definizione del rispettivo contenuto, ruolo fondamentale è svolto dal Consiglio dell’Unione Europea. Nella fase iniziale, il Consiglio autorizza la Commissione europea a negoziare un nuovo accordo commerciale a nome dell'Unione Europea e ciò avviene mediante l’attribuzione in capo alla Commissione di un "mandato di negoziato": con tale autorizzazione, il Consiglio impartisce le direttive di negoziato, che includono gli obiettivi e l'ambito dei negoziati, nonché eventuali limiti di tempo. E’ dunque la Commissione che negozia in maniera diretta con il Paese partner, a nome dell'Unione Europea ed in stretta cooperazione con il Consiglio e il Parlamento europeo. Dopo che il testo dell'accordo è stato concordato con i partner, la Commissione trasmette al Consiglio le proposte formali di adozione e, al termine delle discussioni, il Consiglio adotta una decisione relativa alla firma dell'accordo a nome dell'Unione Europea e trasmette l'accordo firmato al Parlamento europeo per l’approvazione. Nella fase finale, dopo aver ottenuto l'approvazione del Parlamento europeo, il Consiglio adotta la decisione relativa alla conclusione dell'accordo la quale, in seguito, seppur già adottata e vigente in ambito comunitario, dovrà essere ratificata da ciascuno Stato membro. 
 
Per ciò che concerne i singoli accordi di libero scambio stipulati dall’Unione Europea, di assoluta rilevanza è quello stipulato con il Canada, cioè il Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA). Entrato in vigore in forma provvisoria il 21 settembre 2017, dopo un iter di negoziazione impegnativo e, a tratti, ostacolato da più parti in causa, il CETA rappresenta un accordo commerciale di libero scambio estremamente innovativo, il quale prevede non solo l’eliminazione della quasi totalità delle barriere tariffarie sulle merci (il 98% degli scambi commerciali tra i due territori non è soggetto a dazi di alcuna tipologia), ma anche l’accesso preferenziale al mercato dei servizi e la collaborazione tra i firmatari per il riconoscimento delle indicazioni di origine protetta, nonché provvedimenti volti a facilitare gli investimenti, la reciproca partecipazione delle imprese alle gare d’appalto pubbliche e la mobilità dei lavoratori. A partire dal 2017, grazie anche all’impatto positivo avuto dal citato accordo nella disciplina delle transazioni commerciali, le esportazioni italiane di beni e, in maniera più contenuta, di servizi verso il Canada, soprattutto grazie all'ampio utilizzo del regime doganale preferenziale, hanno segnato un ritmo di crescita sostenuto, aggirandosi intorno ad un +5,5%, superiore di oltre un punto percentuale rispetto alla performance del marchio “Made in Italy” verso il resto mondo. Nel 2021 il valore dell’export italiano verso il Canada ha raggiunto i 4,8 miliardi di euro e il Canada è diventato il nostro decimo partner commerciale extra UE per quanto riguarda le esportazioni, scalando ben quattro posizioni.  La quota di mercato italiana nel Paese nordamericano è salita, con riferimento all’anno precedente, da una percentuale dell’1,03 ad una, maggiore, dell’1,16. Anche i dati più recenti confermano che i risultati siano in scia con quanto visto in precedenza: +28,8% per il nostro export nei primi mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021; giova ricordare che tra le voci più performanti dell'export italiano, come sottolineato da Confagricoltura, figura l'agroalimentare con aumenti di oltre l'80% in cinque anni nell'ortofrutta trasformata e del 24% nel comparto bevande, alcolici e aceto, e del 20% in quello dei formaggi, nonostante le critiche sollevate nei confronti dell’accordo proprio da una parte di tale comparto economico. Da ultimo si rende necessario evidenziare che del CETA hanno beneficiato, oltre che le esportazioni di beni, anche gli IDE italiani in Canada che, a partire dal 2018, primo anno di completa applicazione del CETA, hanno registrato una significativa dinamica di crescita (in media annua, 500 milioni di euro tra 2018 e 2021 contro 153 milioni nel periodo 2014-2017). Infine, l’effetto positivo è stato riscontrato anche con riferimento alle facilitazioni concesse alle imprese europee per accedere agli appalti e investire nel mercato canadese, che continuano a offrire importanti opportunità alla luce anche dei piani infrastrutturali promossi dal Paese, ad esempio quello del Québec 2022/2032 da 142,5 miliardi di dollari.
 
L’Italia, nonostante i benefici ottenuti grazie alla provvisoria applicazione del CETA, però è al contempo uno dei pochi paesi europei a non aver ratificato in sede parlamentare il Comprehensive Economic and Trade Agreement, anche a causa delle pressioni subite dal decisore istituzionale da parte di gruppi di pressione (come, ad esempio, quello rappresentato dalle associazioni di categoria del comparto agricolo) i quali additavano il suddetto accordo quale foriero di potenziali rischi legati alla tutela del “Made in Italy” come, ad esempio, il fenomeno del c.d. italian sounding fino ad arrivare a casi di contraffazione vera e propria. Tale avversione nei confronti del CETA, però, è stata di recente oggetto di un ravvedimento operoso da parte delle nostre istituzioni, in primis da parte dell’esecutivo, ravvedimento testimoniato dalle parole dell’attuale Ministro dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, on. Francesco Lollobrigida, il quale sollecitato sul punto ha dichiarato che “l'Italia è molto pragmatica e ci sono alcuni accordi, come il CETA, che sono avviati e che stanno sviluppando alcuni elementi a vantaggio delle nostre imprese e produzioni mettendoci in condizione di competere meglio con le produzioni di altri continenti. Per questo, penso, che accordi come questo possano vedere una discussione in Parlamento per metterci nella condizione di arrivare alla sottoscrizione". Date per sincere le parole del Ministro, non si può che rimanere fiduciosi per una definitiva ed imminente ratifica da parte del legislatore italiano dell’accordo di libero scambio stipulato tra Unione Europea e Canada che, al pari di altri accordi della stessa natura, ha permesso al nostro Paese e ai nostri prodotti di affermarsi come garanzia di eccellenza e qualità nello scenario internazionale e che ci ha portati a ricoprire con stabilità la decima posizione nella classifica dei paesi esportatori di beni e servizi.