Consob e Sim rispondono solidalmente della perdita di capitale investito dal risparmiatore a diverso

Estratto da Responsabilità e Risarcimento - Il Mensile, 2 ottobre 2023, n. 28 - p. 15, commento a cura di Avv. Valentina Ricci - Associate BLB Studio Legale

Corte di Cassazione, sez. III, civ., sentenza del 7 luglio 2023 n. 19378

Ai sensi dell’art. 2055 c.c., concorre con la responsabilità contrattuale delle società di intermediazione mobiliare per la perdita del capitale investito dal risparmiatore, la responsabilità aquiliana della CONSOB per omessa vigilanza delle stesse società. Conseguentemente, ai sensi dell’art. 1310, comma 1, c.c., gli atti interruttivi della prescrizione compiuti dal creditore nei confronti di uno dei coobbligati - la società di intermediazione, nella fattispecie - producono effetti anche nella sfera degli altri condebitori solidali - la Consob.

Il quadro giuridico e normativo

La Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, esamina il tema della responsabilità solidale che origina da titoli di natura differente - contrattuale ed extracontrattuale

Affermato il principio secondo cui è certamente ipotizzabile un concorso di responsabilità contrattuale e aquiliana, la S.C. riconosce altresì l’efficacia interruttiva della prescrizione, nei confronti di tutti i condebitori, di atti compiuti nei confronti di un solo debitore, ex art. 1310, c. 1, c.c.

Prima di passare all’analisi del caso di specie affrontato dalla Suprema Corte, giova inquadrare il perimetro normativo entro il quale la vicenda si svolge.

In tema di responsabilità contrattuale, l’art. 1218 c.c. pone a carico del debitore, che non esegue esattamente - o non esegue tout court - la prestazione dovuta, l’obbligo di risarcire al creditore il danno patito, costituito da perdita subìta e dal mancato guadagno che siano “ conseguenza immediata e diretta ” dell’inadempimento (art. 1223 c.c.). L’obiettivo che intende perseguire la norma è quello di collocare il creditore nella stessa condizione in cui si sarebbe trovato qualora la prestazione che gli spettava fosse stata correttamente eseguita.

Naturalmente, non tutti gli inadempimenti contrattuali sono idonei a determinare in capo alla parte inadempiente l’obbligo di risarcimento, e ciò in ottica di controbilanciamento degli interessi di tutti i contraenti: l’art. 1218 c.c., infatti, esclude l’obbligo di risarcimento qualora il debitore dimostri che l’inadempimento - o l’inesatto o tardivo adempimento - sia reso impossibile da una causa a lui non imputabile.

Da un lato, dunque, si tutela il creditore contro il rischio di non vedere soddisfatto il proprio interesse all’esecuzione della prestazione dedotta in contratto; dall’altro lato, si grava il debitore dell’obbligo di risarcimento del danno per quelle sole condotte che rientrano nella sua sfera di controllo, sì da non far ricadere su di esso anche il rischio dell’imprevedibilità di eventi che fuoriescono dal suo dominio.

Non solo: anche l’entità del risarcimento è limitata ai sensi degli artt. 1223 c.c. e 1225 c.c., che circoscrivono l’indennizzo a quei danni - danno emergente e lucro cessante - che siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento e che siano prevedibili al sorgere dell’obbligazione, salvo in caso di dolo e talvolta colpa grave.

Quanto all’onere probatorio, al fine di ottenere il ristoro dei danni patiti a causa di un inadempimento contrattuale, è pacifico (cfr. Cass. civ. SS.UU. n. 13533/2001 ) che il creditore debba semplicemente provare la fonte del suo diritto - il titolo del rapporto - e la scadenza del termine, potendosi limitare ad allegare la circostanza dell’inadempimento del debitore, senza che sia necessario provare il danno; il debitore, invece, è gravato dall’onere di dimostrare l’adempimento o la non imputabilità dell’inadempimento.

Passando alla responsabilità extracontrattuale, o aquiliana, essa trae la sua origine non già nell’inadempimento di una precedente obbligazione, bensì nella commissione da parte di un soggetto di un “ fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto ” (art. 2043 c.c.).

In tali circostanze non esiste un rapporto pregresso tra la parte danneggiata e la danneggiante, ma l’obbligo di risarcimento sorge laddove via sia un nesso di causalità tra la condotta posta in essere dolosamente o colposamente da un soggetto, e un danno ingiusto subìto da un altro soggetto.

Per “danno ingiusto” si intende il frutto di una condotta lesiva posta in essere in violazione di una norma dell’ordinamento (contra ius) e in assenza di cause di giustificazione della condotta stessa (non iure). Anche nel caso della responsabilità extracontrattuale il legislatore pone dei limiti alla risarcibilità del danno, non potendo qualsiasi lesione agli interessi di un soggetto qualificarsi come “danno ingiusto”, e prevede che la quantificazione del risarcimento soggiaccia alla disciplina della responsabilità contrattuale per espresso richiamo dell’art. 2056 c.c. agli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c.

Mancando un rapporto preesistente tra il danneggiato e il danneggiante, e dunque un obbligo pregresso di eseguire una prestazione, lo scopo della responsabilità civile differisce da quello della responsabilità contrattuale: in tal caso, infatti, la disciplina illustrata agli artt. 2043 ss. c.c. si pone come obiettivo di ripristinare lo status quo ante , ossia, di fatto, annullare gli effetti lesivi della condotta, riportando la parte danneggiata allo stato in cui si trovava prima di subire il danno.

Un’altra differenza tra responsabilità extracontrattuale e contrattuale risiede nella disciplina dell’onere probatorio, in quanto laddove venga invocata la responsabilità per fatto illecito, il danneggiato è gravato dall’onere di dimostrare la condotta, l’esistenza del danno e soprattutto il nesso eziologico tra la condotta e il danno.

Uno dei temi centrali affrontati dalla Suprema Corte nella sentenza esaminata in questa sede è quello del danno cagionato da più soggetti, che determinerebbe in capo a ciascuno di essi il sorgere dell’obbligo risarcitorio, comportando un’ipotesi di corresponsabilità o responsabilità solidale. È la fattispecie contemplata dall’art. 2055 c.c., che stabilisce che “ se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento ”.

Ad una prima lettura, complice anche il fatto che la norma è collocata nel Titolo del codice civile dedicato alla responsabilità aquiliana, parrebbe che la norma trovi applicazione solo qualora più soggetti compiano uno o più fatti illeciti che cagionano un danno a un terzo, e non laddove più contraenti si rendano responsabili di un inadempimento, o ancora quando concorrano responsabilità contrattuale ed extracontrattuale alla causazione di un medesimo pregiudizio.

Invero, da tempo la giurisprudenza si è espressa in modo costante, definito addirittura “ granitico ” dalla sentenza in commento, enunciando il principio in base al quale la norma introdotta dall’art. 2055 c.c. dà rilievo all’unicità dell’evento pregiudizievole, e non alla medesimezza della prestazione, sicché è ben configurabile l’ipotesi di concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale se il danno patito è unico, e più condotte - che siano inadempimenti contrattuali e/o fatti illeciti - hanno contribuito a cagionarlo.

 

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