Smart contract, tra figure professionali e responsabilità coinvolte

Il recente interesse sviluppatosi attorno al fenomeno dei c.d. smart contract, non ha mancato di evidenziare come a fronte delle grandi potenzialità offerte da tale tipologie di strumenti vi sia invero una grande confusione circa la natura degli stessi. Ci si chiede infatti se gli smart contract siano veri e propri contratti o se non si tratti invece più semplicemente di una nuova ed efficiente modalità di dare attuazione, in maniera pressoché automatica ad un rapporto contrattuale. Si tratta invero di un dibattito aperto e che coinvolge considerazioni di carattere informatico, ma anche, e soprattutto, giuridico.

Eppure, mentre il dibattito sembra ancora lontano dall’assestarsi su una posizione generalmente condivisa circa la natura dello smart contract, tali strumenti hanno già conosciuto qualche sia pur embrionale applicazione ed una loro generale utilizzazione appare sempre più prossima. Ciò non ostante ad imperversare sembra essere la discussione sui ruoli e le competenze di natura funzionale necessarie alla predisposizione dello smart contract.

Da un lato, come il termine “contract” lascia intendere, si tratta di qualcosa fortemente legato al mondo legale. Dall’altro, la predisposizione di uno smart contract richiede necessariamente competenze di carattere informatico. Se i professionisti legali, spesso impostati su una concezione persino troppo tradizionale del proprio ruolo, sembrano faticare a familiarizzare con la tecnologia, neppure può dirsi che la generalità degli informatici abbia una conoscenza sufficientemente approfondita del diritto da indurre qualcuno ad affidargli la stesura di un contratto.

Intanto, oltre i nostri confini alcuni studi legali d’affari si sono apprestati ad offrire ai propri “associate” corsi di “coding” nel tentativo di colmare il gap tra le professioni ed avvicinare gli avvocati ad un linguaggio diverso e difficilmente comprensibile. Si tratta di iniziative certamente apprezzabili, ma il cui intento, per quanto ambizioso, non è certamente quello di creare un nuovo ibrido di professionista che si posizioni nella terra di mezzo tra diritto ed informatica. Una sorta di “smart lawyer” per intenderci, il cui avvento deve certamente ritenersi circostanza ben più avveniristica degli smart contract stessi.

E’ invece ben più probabile, che professionisti del ramo legale e di quello informatico si troveranno presto a lavorare insieme, partecipando, dunque, congiuntamente alla stesura degli smart contract. In tal senso, le già riferite iniziative, dovrebbero quindi ritenersi un primo tentativo di familiarizzazione tra due ambiti di lavoro di per sé distanti, ma che con l’avvento dello smart contract si vedranno presto costretti ad instaurare un dialogo.

Proprio l’inaspettata liaison professionale non manca però di sollevare dubbi sulle responsabilità, o meglio sui limiti delle responsabilità dei soggetti coinvolti. Proprio al fine di poter stabilire i limiti delle rispettive responsabilità, da un lato, occorre interrogarsi su come potrà, o dovrà strutturarsi, il rapporto tra le due tipologie di professionisti coinvolti, mentre dall’altro, sulla natura delle relative responsabilità professionali.

Quanto al primo profilo, al momento non può che evidenziarsi come sulla strutturazione del rapporto viga una sostanziale incertezza. Fermo restando che risulta del tutto evidente che l’avvocato o, in ogni caso il professionista legale, non possa in ragione della specificità delle proprie competenze certificare l’identità del codice trascritto nel programmatore all’interno dello smart contract al contratto concluso tra le parti, è più che ragionevole supporre che il ruolo del legale si limiti ad un’attività di assistenza da prestarsi in favore del programmatore incaricato della redazione del codice. Detta attività dovrebbe, quindi improntarsi alla spiegazione delle dinamiche contrattuali e del significato delle clausole convenute tra le parti, così permettendo al programmatore di maturare la necessaria comprensione del rapporto e consentendogliene la trasposizione in codice.

Va inoltre considerato che, viste le grandissime limitazioni alle quali, in ragione della limitatezza di linguaggio dei codici informatici, va necessariamente incontro lo strumento dello smart contract, l’ambito nel quale si presta ad operare maggiormente sembra essere necessariamente quello del contratto standardizzato. Dunque, è ben possibile, ed anzi ragionevole, ritenere che l’incontro tra i due professionisti possa essere unico anche a fronte di operazioni incardinate su una moltitudine di contratti.

Quanto al secondo profilo, è, invece necessario operarsi un distinguo. Da un lato, quella dell’avvocato è professione intellettuale (artt. 2229 – 2238 c.c.) le cui prestazioni si riferiscono ad obbligazioni di mezzi e non di risultato. In altri termini, per tali professionisti, la perizia richiesta è quella conforme alle conoscenze tecniche di riferimento per la professione svolta (art. 1176, co. 2, c.c.). Laddove poi si tratti di soluzione di problemi di particolare difficoltà, la responsabilità è limitata ai casi di dolo o colpa grave. Per quanto invece attiene alla figura dell’informatico e, nella specie, al programmatore la situazione ha carattere più incerto.

Infatti, il rapporto con il programmatore può originare da contratti di natura tra loro differente (ad es. appalto o contratto misto di licenza d’uso e prestazione d’opera). Come risulta da una relativamente recente sentenza del Tribunale di Milano (Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, 22 maggio 2017, n. 5752), a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto come operata dalle parti, è necessario determinare se nel caso specifico, le prestazioni cui si è obbligato il programmatore in favore della parte o delle parti configuri un’obbligazione di mezzi o di risultato.

Ebbene, nel caso dello smart contract, è evidente che il desiderio delle parti non possa che identificarsi nell’esatta ed efficace trasposizione in codice, del contratto tra le stesse concluso, tanto da predisporre uno smart contract che sia in grado di eseguire correttamente ed automaticamente il rapporto come dalle parti stesse delineato. Ogni, differenza, o malfunzionamento, non potrebbe dunque che imputarsi al programmatore che sarà pertanto suo malgrado costretto a garantire il risultato del suo operato.