NewsLetter N.5/2024

SERVITÙ DI PARCHEGGIO: IL RECENTE INTERVENTO DELLE SEZIONI UNITE

Con la recente pronuncia n. 3925 del 13 febbraio 2024, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute in merito all’ammissibilità della costituzione di un diritto reale di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo su fondo altrui.

La servitù prediale è disciplinata dal codice civile agli artt. 1027 ss., che la definisce come il peso imposto sopra un fondo, c.d. fondo servente, per l’utilità di un altro fondo, c.d. dominante, appartenente a diverso proprietario. Essa consiste, pertanto, nel diritto attribuito al proprietario di un fondo di effettuare un’attività su fondo altrui, o di impedire al proprietario di detto fondo di svolgere una certa attività, c.d. servitù negativa, con la conseguenza di limitare il pieno esercizio delle facoltà di godimento del proprietario del fondo servente. In quanto diritto reale, è caratterizzata dai requisiti dell’assolutezza, dell’immediatezza e dell’inerenza.

In materia di servitù aventi ad oggetto il parcheggio di autovetture, si rilevano dei contrasti giurisprudenziali, oggi risolti con la pronuncia in commento. Impostazione più risalente, di cui sono esempio le pronunce n. 8137/2004 e 1551/2009 della Suprema Corte, non riconduceva tale diritto alla fattispecie della servitù, in ragione della mancanza del requisito della realitas. Vi si rinveniva, invero, la mera commoditas, consistente nel vantaggio di persone specifiche che accedono al fondo, e non un’utilità propria del fondo stesso. Diritti configurati secondo questo schema, sarebbero, pertanto, da sussumere alle ipotesi di locazione, affitto, ovvero comodato, stante la nullità del contratto costitutivo di servitù di parcheggio per impossibilità dell’oggetto, secondo Cass. n. 23708 del 6 novembre 2014.

A partire dal 2017, con sentenza n. 16698/2017, numerose pronunce di legittimità, in controtendenza rispetto al passato, hanno ammesso la costituzione di servitù di parcheggio, affermando che lo schema delineato dall’art. 1027 c.c., non preclude in assoluto la costituzione di servitù aventi oggetto atipico, a condizione che risulti attribuita un’utilitas a favore del fondo, non un vantaggio di una persona determinata. Ciò anche alla luce di consolidata giurisprudenza, tra le altre Cass., sez. II, n. 7561/2019 e Cass., sez. II, n. 193/2020, relativa all’assenza di tassatività nella tipizzazione delle possibili utilità.

Nel caso di specie, era stata costituita, con atto pubblico, una servitù di parcheggio, transito e manovra di automezzi, gravante su un fondo oggetto di contestuale alienazione. Detto fondo servente era stato successivamente alienato a un terzo, che aveva agito per la dichiarazione di nullità del contratto costitutivo di servitù. Avverso la sentenza di rigetto del Tribunale di primo grado, proponeva ricorso presso la Corte d’Appello di Venezia. Entrambe le Corti di merito rilevavano la regolare conoscenza, da parte dell’acquirente, della servitù, in quanto specificata nell’atto di trasferimento, nonché la predialità della stessa. Invero, l’utilità di cui all’art 1028 c.c. constava nella possibilità di fornire piazzali adeguati all’azienda operante sul fondo dominante, e nel conseguente più comodo sfruttamento della vocazione industriale di questo. Si rilevava, inoltre, la possibilità residua di utilizzo del fondo servente e la sussistenza dei requisiti tipici della servitù. Alla luce di ciò, il ricorrente proponeva ricorso per Cassazione per cinque motivi. Con primo motivo denunziava la mancata analisi da parte della Corte d’Appello del titolo costitutivo della presunta servitù, al fine di rilevarne i requisiti. Con secondo motivo, si allegava il mancato accertamento del rapporto tra fondo e industria, posta la desunzione dell’utilitas dai bisogni economici dell’impresa installata sul fondo, e non del fondo stesso. Con terzo motivo si adduceva la totale privazione di utilità del fondo servente alla luce della possibilità di sostare autoveicoli in ogni parte del fondo stesso. Con quarto motivo si rilevava il mancato rispetto dei principi dell’onere della prova, in quanto sarebbe spettato alla parte che si dichiarava titolare della servitù dimostrare l’esistenza dell’utilità, benché risulti convenuta in giudizio per l’accertamento della nullità di tale servitù. Con quinto motivo si denunziava la violazione delle Norme Tecniche di Attuazione in materia di zone agricole del Comune competente, che vietavano la destinazione a parcheggio di aree non destinate al servizio di attività agricola, destinazione che la Corte d’Appello aveva dichiarato non rivestisse alcuna importanza.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, investite della questione al fine di risolvere il contrasto giurisprudenziale in materia di servitù di parcheggio, hanno aderito alla ricostruzione prospettata nel 2017. La dottrina richiamata nella pronuncia riconduceva l’ammissibilità di tali servitù al principio di autonomia contrattuale di cui all’art 1322 c.c., ai sensi del quale è riconosciuta la libertà alle parti di porre in essere diritti di parcheggio a vantaggio di persone specificamente indicate, così come, alternativamente, imporre un peso di natura reale avente ad oggetto il parcheggio, quale espressione dell’asservimento di un fondo all’altro, che può certamente avere un’utilità consistente nella maggiore utilizzabilità. La Suprema Corte ha rilevato come, nell’impostazione precedente, si fosse data per scontata l’inerenza dell’utilità alle persone e non ai fondi, senza opportuna valutazione che considerasse la libertà delle parti di scegliere se perseguire i medesimi risultati socioeconomici mediante contratti ad effetti obbligatori ovvero reali, nel rispetto, in quest’ultimo caso, dei requisiti previsti in materia di diritti reali. È stato, pertanto, sancito il principio per cui non è preclusa la costituzione pattizia di servitù aventi ad oggetto il parcheggio di un veicolo su fondo altrui, purché, in base all’esame concreto del titolo e della situazione di fatto, ne risulti l’attribuzione a favore di altro fondo, e sempre che sussistano i requisiti di tale diritto reale.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto fondati il primo e il terzo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento dei restanti, in ragione della mancata valutazione di merito sul titolo costitutivo della servitù. La determinazione della validità della costituzione di servitù di passaggio deve attenere all’analisi del contenuto della pattuizione e della sussistenza, in concreto, dei requisiti dello ius in re aliena. Alla luce dell’omissione del suddetto passaggio logico-giuridico, la Corte ha ritenuto la sentenza viziata, con conseguente cassazione della stessa.

Il chiarimento fornito delle Sezioni Unite, in merito all’ammissibilità, nel nostro ordinamento, di una servitù di parcheggio, pone fine all’incertezza causata dai vivaci contrasti giurisprudenziali. Il riconoscimento della possibilità che la sosta di autoveicoli comporti un’utilità inerente al fondo, garantisce maggiore certezza nell’esercizio dell’autonomia contrattuale, rispetto alla scelta di regolare i rapporti aventi ad oggetto il diritto di parcheggio nell’ambito dei diritti personali di godimento, ovvero dei diritti reali.

Autore: Dott.ssa Dafne Tomasetto