Contributi omessi dal datore di lavoro

LA CASSAZIONE SI ESPRIME SULL’ACCREDITO DA PARTE DELL’INPS DEI CONTRIBUTI OMESSI DAL DATORE DI LAVORO.

In materia di regolarizzazione della posizione contributiva assume particolare rilevanza la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione – Sez. Lavoro, n. 701 del 9 gennaio 2024 - riguardante il diritto del lavoratore all'accredito dei contributi omessi dal datore di lavoro presso l'INPS.

Il ricorrente, nel contesto di una disputa con l'INPS per la regolarizzazione della sua posizione contributiva, ha sollevato diverse questioni cercando chiarezza sulla possibilità di richiedere l'accredito automatico dei contributi non versati dal datore di lavoro.

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha stabilito chiaramente alcuni principi, ovvero:

1) «Salvo il caso di ricongiunzione dei periodi assicurativi, di cui alla legge 29/79, e salva altresì la speciale ipotesi di cui all’art. 3, del d.lgs 80/92, il principio di automaticità delle prestazioni, di cui all'art. 2116, comma 1, c.c., non comporta alcun accredito automatico dei contributi non prescritti il cui versamento sia stato omesso in tutto o in parte dal datore di lavoro, ma consiste nel garantire al lavoratore le prestazioni previdenziali cui ha diritto ai sensi dell'art. 2114 c.c. anche quando il datore di lavoro abbia omesso il pagamento dei contributi»;

2) «In ragione della tutela assicuratagli dal principio di automaticità delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116, comma, c.c., e di quella risarcitoria di cui all'art. 2116, comma 2, cc., il lavoratore, in caso di omissione contributiva da parte del datore di lavoro, non ha alcun diritto di agire nei confronti degli enti previdenziali per ottenere la regolarizzazione della propria posizione contributiva, nemmeno nel caso in cui tali enti, nonostante la sua denuncia, non abbiano provveduto alla recupero dei contributi dovuti dal datore di lavoro e questi si siano prescritti, potendo solo agire nei confronti del datore di lavoro ove l'inadempimento dell'obbligo contributivo abbia comportato la perdita delle prestazioni previdenziali»;

3) «L'art. 54, legge n. 88/89, garantisce al lavoratore un diritto alla corretta informazione circa la consistenza della sua posizione contributiva, il quale, ove sia rimasto insoddisfatto a causa della mancata o non corretta determinazione da parte dell'ente previdenziale, può esser fatto valere in giudizio contro quest'ultimo esclusivamente in ordine alla responsabilità per i danni eventualmente derivati dall'inesatta informazione, non derogando in alcun modo tale disposizione alla norma di cui all'art. 2116, comma 2, c.c., secondo cui del danno da mancata o irregolare contribuzione, che si sia tradotto in una perdita totale o parziale delle prestazioni dovute al lavoratore ai sensi dell'art. 2114 c.c.,è responsabile il datore di lavoro»;

4) Infine, «sussiste litisconsorzio necessario iniziale tra lavoratore, datore di lavoro ed ente previdenziale, ai sensi dell'art. 102 c.pc., solo in presenza di una domanda del lavoratore volta ad ottenere la condanna del datore di lavoro a versare all'ente i contributi omessi, in funzione della necessità di assicurare un risultato utile alla parte attrice, ma non anche allorché il lavoratore abbia convenuto in giudizio l'ente previdenziale allo scopo di ottenere la regolarizzazione della sua posizione contributiva, salva comunque la possibilità dell'ente di chiamare in causa il datore di lavoro per sentirlo condannare al pagamento dei contributi dovuti, ai sensi dell'art. 106 c.p.c., o del giudice di chiamare in causa il datore di lavoro, ai sensi dell'art. 107 c.p.c., e fermo restando che, in tali casi, la decisione assunta dal primo giudice, involgendo valutazioni discrezionali, non è suscettibile né di appello né di ricorso per cassazione».

di Dott. Federico Benedetti