Liquidazione del danno da amianto-il Tribunale di Taranto deroga in via equitativa alle Tabelle MI

Il falso mito dell'amianto – "Amiantus alumini similis nihil igni deperdit; hic veneficiis resistit omnibus" (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia 36, 139); l'amianto, simile all'allume, non si consuma a causa del fuoco ed è in grado di resistere a tutte le stregonerie, comprese quelle dei maghi.

Da questo breve passo tratto da Plinio il Vecchio appare evidente come l'amianto, seppur connesso ad aspetti mitologici, rituali e magici, fosse un minerale già noto ed utilizzato da tempi remoti per la sua capacità di resistere al fuoco: lo stesso Plutarco, nel secondo secolo dopo Cristo, racconta infatti di come i romani ed i persiani impiegassero manufatti in amianto per avvolgere i cadaveri da cremare allo scopo di ottenere ceneri più pure e chiare.

L'amianto, o asbesto, è però noto da tempo immemore anche nell'estremo oriente, ove, secondo alcune leggende popolari sfatate da Marco Polo, si considerava il minerale quale lana di Salamandra, ovvero di quell'animale mitologicamente in grado di spegnere o sfidare il fuoco senza subirne alcun danno.

Impiegato anche in ambito medico – risale al XVII secolo una ricetta del medico naturalista Boezio che ne fa riferimento quale ingrediente per una cura per la scabbia e le vene varicose – diviene, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, uno dei minerali maggiormente utilizzato sia nell'industria che nell'edilizia.

Solo intorno al 1960 si comincia a studiare e comprendere gli effetti dannosi dell'amianto per la salute umana: questo, infatti, per la sua natura fibrosa, si disperde facilmente nell'aria e le sue fibre, se inalate o ingerite, possono provocare gravi patologie all'apparato respiratorio, fra cui vanno certamente menzionate l'asbestosi (fibrosi estensiva non tumorale del polmone), il carcinoma (tumore del polmone) ed il mesotelioma pleurico (tumore della pleura).

La consapevolezza di questa pericolosità ha comportato, in ambito giuridico, da una parte una serie di norme volte alla protezione di tutti coloro che si trovassero a contatto con il materiale o che potessero essere esposti alle sue polveri rilasciate nel corso della lavorazione, dall'altra un elevatissimo numero di cause volte ad ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di malattie o decessi dovuti proprio all'inosservanza delle suddette norme.

È in questo filone che si immette la sentenza della Sezione Lavoro del Tribunale di Taranto n. 3488 del 2016 in commento su Guida al Diritto Numero 2 - 1 febbraio 2017