Le Sezioni Unite sulla validità della proroga di giurisdizione contenuta in un link internet

Nell’odierna prassi commerciale, il fenomeno della conclusione di contratti online ricorre con frequenza sempre maggiore.  Nell’ambito di tale attività, alle volte le parti provvedono a scambiarsi le condizioni generali del contratto tramite posta elettronica, altre volte invece il testo delle stesse è riprodotto integralmente nella stessa pagina web in cui una parte chiede all’altra di prestare il consenso. Sempre più spesso però, le condizioni generali sono accessibili solo tramite collegamento ipertestuale e contestualmente si richiede all’altra parte di rendere dichiarazione quanto all’avvenuta presa visione ed accettazione delle stesse.  Sulla legittimità di tale ultima modalità, laddove tra le condizioni figuri la clausola di proroga giurisdizionale in favore di corte straniera, si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione lo scorso settembre.  

Deve notarsi che, nonostante la prassi in questione sia di per sé idonea a rendere disponibili al contraente le condizioni generali di contratto, la disponibilità è soltanto mediata. E’ cioè necessario che la parte, apra, tramite il “clic” sul link, la pagina web ove sono contenute le condizioni. Operazione, quest’ultima, da cui la parte potrebbe soprassedere limitandosi a dichiarare di aver preso visione delle clausole e di accettarle. La questione però è ancor più delicata quando, come nel caso in questione, tra le condizioni generali figurino clausole particolarmente sfavorevoli come la proroga di giurisdizione esclusiva in favore di giudice estero. Infatti, deve considerarsi che nei contratti internazionali conclusi all’interno dell’Unione Europea trova spesso applicazione il Regolamento 44/2001/CE (c.d. Regolamento Bruxelles I poi sostituito dal Regolamento 1215/2012/UE, c.d. Regolamento Bruxelles I Bis), che con riguardo ai requisiti di forma della clausola di proroga di giurisdizione  prevede una disciplina tesa a salvaguardarne la validità nella gran parte dei casi. Emblematico è il fatto che la forma scritta  è da ritenersi comprensiva di qualunque comunicazione elettronica purché consenta la registrazione durevole della  clausola attributiva di competenza.

Nel caso di specie, la società italiana 6sicuro S.p.A., in data 16 aprile 2014, concludeva un contratto con la società tedesca Sociomantic Labs Gmbh. Il tutto avveniva con compilazione di modulo d’acquisto, sottoscritto e scambiato tra le parti tramite messaggi di posta elettronica. La società italiana dichiarava di aver preso visione ed accettato le condizioni generali di contratto rese disponibili con collegamento ipertestuale. Successivamente, la 6sicuro S.p.A. adiva il tribunale di Milano deducendo l’avvenuto inadempimento del contratto, della controparte. La convenuta però, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice tedesco in forza di clausola elettiva di giurisdizione contenuta nelle condizioni generali di contratto, anziché costituirsi in giudizio, proponeva ricorso preventivo di giurisdizione ex art. 41 cpc.  La ricorrente sosteneva, infatti, la giurisdizione esclusiva del giudice tedesco in forza di quanto disposto in materia dal primo paragrafo dell’art. 23 del Regolamento Bruxelles I.

L’intimata si costituiva in detto giudizio depositando controricorso con il quale, anzitutto, deduceva l’inesistenza della clausola perché contraria all’articolo 10, paragrafo 3, della Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico, ove si dispone che clausole e condizioni generali del contratto proposte debbano mettersi a disposizione del destinatario in modalità idonea a permetterne memorizzazione e riproduzione.  Secondariamente, nell’opinione della società italiana, la scelta di giurisdizione era affetta da nullità poiché sprovvista dei requisiti di forma e di sostanza stabiliti dall’articolo 23 del Regolamento Bruxelles I e dall’ articolo 25 del Regolamento Bruxelles I Bis. In particolare, la società italiana lamentava il fatto che cliccando sul link non veniva reindirizzati ad alcuna pagina web che riproducesse le condizioni generali del contratto e che per visualizzare le stesse fosse invece necessario digitare l’indirizzo sulla barra di ricerca.

Dal canto suo, la Suprema Corte rilevava come non potesse trovare applicazione la Direttiva CE sul commercio elettronico in quanto, come precisato dall’articolo 1, paragrafo 4, tale normativa né introduce norme di diritto internazionale privato, né tantomeno ha ad oggetto le competenze degli organi giurisdizionali. Inoltre, secondo la Corte, l’inapplicabilità della norma risultava in maniera così cristallina da non consentire di proporre questione interpretativa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in virtù di quanto da quest’ultima stabilito con sentenza del 6 ottobre 1982 sul procedimento C-238/81 (anche noto come: caso Cilift).

Riguardo invece alla validità della prorogatio ai sensi del Regolamento Bruxelles I, la Corte, condivisibilmente, notava come la clausola non fosse in contrasto con i requisiti di forma stesi dall’articolo 23. Infatti, è la stessa norma a precisare che la forma scritta è comprensiva di “ogni comunicazione con mezzi elettronici che permetta una registrazione durevole della clausola elettiva di competenza”. Orbene, in proposito la Suprema Corte rilevava come sull’idoneità, a soddisfare i requisiti tracciati dal capoverso dal sopra citato articolo, della proroga di giurisdizione raggiungibile tramite collegamento ipertestuale si fosse già espressa la Corte di Giustizia con sentenza del 21 maggio 2015 sul caso C- 322/2014 (altresì noto come: Cars on the web). In tale circostanza, infatti, sostiene il giudice comunitario (al paragrafo 40): “l’articolo 23, paragrafo 2, del Regolamento Bruxelles I deve essere interpretato nel senso che la procedura di accettazione mediante “clic” delle condizioni generali di un contratto di vendita […] che contengano una clausola attributiva di competenza, costituisce una comunicazione elettronica che permette di registrare durevolmente tale clausola, ai sensi di tale disposizione, allorché consente di stampare e di salvare il testo di dette condizioni prima della conclusione del contratto”. Tra l’altro, in mancanza di previsione contraria, ai sensi del primo paragrafo della già menzionata disposizione, la clausola di giurisdizione deve ritenersi attributiva di giurisdizione esclusiva. Per tali ragioni la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21622 del 2017, affermava la validità della clausola di proroga giurisdizionale in favore del giudice tedesco e, contestualmente, dichiarava la carenza di giurisdizione del giudice italiano.

La pronuncia della Suprema Corte impone, dunque, una riflessione sulla diffusione e l’utilizzo delle innovazioni informatiche nelle ordinarie trattative commerciali. E’ certamente vero che la loro diffusione ha permesso l’intensificarsi degli scambi a livello internazionale, ma è altresì vero che l’utilizzo di tali tecnologie richiede sempre la massima attenzione vista anche l’entità delle conseguenze che possono derivare da un semplice “click”.