La Corte di Giustizia UE sancisce l’illegittimità di qualsiasi soglia per il subappalto

La Corte si è espressa in modo chiaro sancendo lo sproposito del limite del 30% (oggi 40% come da nuovo limite temporaneo introdotto dal decreto blocca cantieri Dl 32/2019) al subappalto imposto dall’art. 105 comma 2 del codice degli appalti.

Dunque, è contrario alle direttive europee (in particolar modo alla direttiva europea 2014/24)  qualsiasi limite che vieti «in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico». La questione infatti non verte attorno all’entità della soglia ma alla sua stessa esistenza, che ex se contrasta con l’obbiettivo di aprire le gare pubbliche alle Pmi.

La decisione trae origine da una controversia tra la Vitali S.p.A. e l’Autostrade per l’Italia S.p.A. in merito alla decisione adottata da quest’ultima, in qualità di amministrazione aggiudicatrice, di escludere la prima da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.

Risulta di tutta evidenza che la ratio ispiratrice è quella di rendere il più ampia possibile l’apertura di un bando di gara alla concorrenza. Il ricorso al subappalto, che può favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce al perseguimento di tale obiettivo.

Pertanto i limiti posti dal legislatore italiano sono in netta frizione con i principi del diritto europeo ed a detta della stessa corte di Giustizia risultano del tutto ingiustificati.

Più specificamente, il governo italiano sottolinea il fatto che la limitazione del ricorso al subappalto è giustificata alla luce delle particolari circostanze presenti in Italia, dove il subappalto ha da sempre costituito uno degli strumenti di attuazione di intenti criminosi. Limitando la parte dell’appalto che può essere subappaltata, la normativa nazionale renderebbe il coinvolgimento nelle commesse pubbliche meno appetibile per le associazioni criminali, il che consentirebbe di prevenire il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche e di tutelare così l’ordine pubblico.

I giudici europei pur ritenendo legittimo l’obbiettivo perseguito dal legislatore italiano, che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE, ritengono che debbano essere altre le vie da intraprendere al fine di ostacolare l’ingresso nel circuito economico da parte della criminalità.

Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella di cui trattasi eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo.

La Corte inoltre lamenta il carattere restrittivo di un divieto generale che non lascia spazio alcuno ad una valutazione, tale divieto infatti si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori.

Ne consegue che, per tutti gli appalti, una parte rilevante dei lavori, delle forniture o dei servizi interessati deve essere realizzata dall’offerente stesso, sotto pena di vedersi automaticamente escluso dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione.

Come sottolinea la Commissione, misure meno restrittive sarebbero idonee a raggiungere l’obiettivo perseguito dal legislatore italiano. D’altronde, come indica il giudice del rinvio, il diritto italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di infiltrazione mafiosa.  Pertanto le arbitrarie limitazioni poste al subappalto, limitando l’accesso delle Pmi, vanificherebbero la ratio stessa dell’istituto, che è uno strumento che invece tutela e favorisce la partecipazione delle Pmi agli appalti pubblici.

Il governo Italiano adduce quale giustificazione ulteriore la inefficacia dei controlli di verifica previsti dal diritto nazionale. Invero, tale circostanza, evincibile proprio dalle osservazioni del governo, dipende dalle stesse modalità specifiche di tali controlli e nulla toglie al carattere restrittivo della misura nazionale di cui al procedimento principale.

Alla luce delle considerazioni svolte, residuano pochi dubbi circa il carattere ostativo della direttiva 2014/24 ad una normativa nazionale, come quella in esame, che limita al 30% (oggi 40%) la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

Pertanto, stante la incontrovertibile decisione della Corte di Giustizia il Legislatore italiano è obbligato ad adeguarsi eliminando dal nostro ordinamento ogni limite al subappalto, non già limitandosi ad un mero innalzamento della soglia come avvenuto ad inizio estate con il decreto Sblocca cantieri.