Contratto Collettivo Aziendale. La Corte di Cassazione sull’ambito di applicazione soggettiva

La Corte di Cassazione – con la recente sentenza n. 27115/2017 – è intervenuta sulla questione dell’efficacia soggettiva dei c.d. contratti collettivi aziendali, esprimendo un importante principio di diritto, tale per cui la contrattazione integrativa, benché dotata di una generalizzata efficacia vincolante, non dispiega alcun effetto nei confronti dei lavoratori iscritti ad un sindacato dissenziente, salvo che quest’ultimi non intendano aderirvi.

Tale soluzione - rispettosa del principio fondamentale di libertà sindacale - sembra quindi conciliare la tutela degli interessi collettivi della comunità aziendale, posto che riconosce ai lavoratori la facoltà di agire per negare efficacia nei propri confronti ad un contratto collettivo stipulato da associazioni sindacali diverse da quella cui sono iscritti.

La controversia trae origine da un ricorso presentato da un’organizzazione sindacale avverso una società che - secondo la ricorrente – aveva posto in essere una condotta antisindacale consistente nell’aver applicato l’accordo collettivo aziendale anche ai lavoratori aderenti ad un’organizzazione sindacale diversa.

Come è noto, l’art. 39 Cost. sancisce il diritto sindacale a stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

Nondimeno, l’art. 8 co. 3 D. Lgs. n. 138/2011, convertito con modificazioni in L. n. 148/2011 in materia di contratti di prossimità, ha stabilito che le associazioni dei lavoratori più rappresentative sul piano nazionale o territoriale possano stipulare contratti collettivi aziendali per la regolamentazione in deroga di determinate materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione.

Tali intese -  di natura privatistica - introducono una disciplina collettiva uniforme dei rapporti di lavoro - seppur limitatamente ad una determinata azienda o parte di essa - con efficacia vincolante nei confronti delle associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro stipulanti, nonché di tutti quei soggetti (lavoratori e datori di lavoro) aderenti alle organizzazioni sindacali stipulanti.

Ciò premesso, la Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha chiarito l’ambito soggettivo di applicazione del c.d. contratto collettivo aziendale.

In proposito, i giudici di legittimità hanno riconosciuto all’accordo collettivo aziendale la medesima efficacia vincolante del contratto collettivo nazionale, in quanto atto di autonomia sindacale riguardante una pluralità di lavoratori collettivamente considerati e, dunque, idoneo a introdurre una disciplina collettiva uniforme dei rapporti di lavoro in essere in un’azienda.
La contrattazione aziendale può tuttavia derogare in peius (per i lavoratori) il CCNL, dato che il principio espresso dall’art. 2077 c.c. si riferisce esclusivamente al rapporto tra contratto individuale di lavoro e quello collettivo.

Il mutamento della condizione economica e produttiva non può estendersi ex se a tutti i dipendenti non iscritti o aderenti ad altro sindacato; la tutela di interessi collettivi della comunità di lavoro aziendale e l’eventuale inscindibilità della disciplina, che giustificano l’efficacia erga omnes del contratto aziendale, non possono infatti prevalere sulla libertà sindacale, costituzionalmente garantita ai sensi dell’art. 39 Cost., tenuto oltretutto conto che la rappresentanza delle organizzazioni sindacali è di tipo negoziale e non legale. 

Proprio tali principi privatistici impediscono di ravvisare nel contratto collettivo aziendale un’autonoma fonte di integrazione dei rapporti di lavoro, con l’effetto che, l’espresso dissenso del lavoratore, in conformità alla posizione dell’organizzazione sindacale alla quale aderisce, impedisce l’applicabilità nei suoi confronti del contratto collettivo aziendale.

La Suprema Corte ha così riconosciuto l’efficacia soggettiva erga omnes dei contratti collettivi aziendali come regola di carattere generale, purché venga rispettata la libertà dei lavoratori che, aderendo ad un’organizzazione sindacale diversa da quelle che hanno stipulato l’accordo aziendale, ne condividano l’esplicito dissenso.