Cass., I sez. civ., sent. 9023/16 : al CTU ritardatario compensi ridotti di 1/3

Con la recentissima sentenza n. 9023/2016, la Cassazione torna a ribadire il principio per cui, nelle consulenze tecniche d'ufficio, il giudice deve ridurre i compensi al CTU laddove la prestazione non venga completata nel termine stabilito.

Il giudice chiamato a pronunciarsi sulla liquidazione del compenso, infatti, “deve tener conto delle difficoltà, della completezza e del pregio della prestazione fornita”, (art. 51, 1° comma, D.P.R. 115/2002) sia essa da valutare positivamente, o, al contrario, in sfavore dell’ausiliario.

In aggiunta, “se la prestazione non è completata nel termine originariamente stabilito o entro quello prorogato per fatti sopravvenuti e non imputabili all’ausiliario del magistrato, per gli onorari a tempo non si tiene conto del periodo successivo alla scadenza del termine, e gli altri onorari sono ridotti di un terzo” (art. 52, 2° comma, D.P.R. 115/2002).

Queste le due cesure accolte dalla Suprema Corte avverso l'ordinanza con la quale il tribunale, in sede di opposizione, aveva in parte accolto la domanda di parte attrice contro il decreto di liquidazione del compenso spettante al CTU incaricato, giustificando tuttavia il raddoppio del compenso operato dal giudice istruttore.

Davanti ai giudici di Piazza Cavour, in particolare, parte ricorrente lamenta la violazione dell'art. 52, co. 1 e 2, del D.P.R. n. 115 del 2002, oltre che vizio di motivazione ai sensi dell’art. 168 D.P.R. 115/2002, per avere il Tribunale raddoppiato l'importo calcolato a percentuale, applicando l'aumento massimo previsto, senza motivare sul pregio dell'opera, e senza applicare la riduzione del quarto degli onorari (stante la disciplina applicabile ratione temporis), in considerazione del ritardo con il quale la relazione è stata depositata.

Non accolto, invece, il motivo in cui la parte ricorrente lamentava il vizio di mancata motivazione, ritenendola integrata per relationem, riferendosi il tribunale alla nota spese emessa dal CTU.

Rileva in proposito la Suprema Corte che l’oggetto del ricorso su cui è stata chiamata a decidere non era il decreto di liquidazione, bensì l’ordinanza che ha deciso sull’opposizione proposta avverso lo stesso; e pertanto, in considerazione dell’effetto devolutivo connesso alle censure proposte dalla ricorrente, ha ritenuto la motivazione del tutto congrua.