RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI: INTERVENTI NORMATIVI TRA FACTA e FACIENDA.

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI: INTERVENTI NORMATIVI TRA FACTA e FACIENDA.

Con la pubblicazione in gazzetta della L. 15 dicembre 2014, n. 186, il catalogo dei reati presupposto che danno luogo alla responsabilità dell’ente, ai sensi del D.lgs. n. 231/2001, si arricchisce del neonato reato di “auto riciclaggio”.

Il delitto di “auto riciclaggio” viene introdotto allo scopo di punire con la “reclusione da due a otto anni a chi, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione del delitto, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa”.

Quanto ai riflessi sulla responsabilità degli enti, la L. 186/2014 dispone: “All'articolo 25-octies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)al comma1, le parole: «e 648-ter» sono sostituite dalle seguenti: «, 648-ter e 648-ter.1»;
b)alla rubrica sono aggiunte, infine,le seguenti parole: «, nonche' autoriciclaggio».”

Il legislatore non ritiene di doversi fermare qui: è in arrivo la novella normativa che andrà a modificare i reati societari di cui agli artt. 2621 e 2622 c.c., richiamati all’art. 25-octies del d.lgs. 231/2001

Sul punto, il Governo ha rimesso al Senato, lo scorso 20 novembre, un disegno di legge recante “misure volte a rafforzare il contrasto alla criminalita’ organizzata e ai patrimoni illeciti”, allo scopo di inasprire l’aspetto sanzionatorio e sostanziale della materia.

➢ “False comunicazioni sociali” e “False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci e dei creditori”

Dal punto di vista strettamente sanzionatorio viene stabilita la pena della reclusione da due a sei anni in luogo dell’arresto fino a due anni, dal punto di vista di strutturazione della fattispecie viene eliminato il dolo intenzionale e la soglia di non punibilità relativa alle valutazioni estimative non superiori al 10% del valore corretto.

La mutata costruzione della fattispecie in punto di dolo è finalizzata ad ampliarne la portata punitiva: con l’eliminazione del fine di “ingannare i soci o il pubblico” si dà rilevanza anche alle condotte di falso commesse con il mero dolo di profitto (“al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto”).

Quanto alle soglie di punibilità, il disegno di legge va a eliminare il comma 4 dell’art. 2621 e corrispondente comma 8 dell’art. 2622 c.c., a mente dei quali veniva esclusa la rilevanza penale delle ipotesi di falso che fossero “conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta”.

Entrambe le modifiche citate segnano un passo indietro rispetto a quanto operato con le riforme del 2002 (D.lgs. n. 61/2002) e del 2005 (L. n. 262/2005) tese, di contro, a ovviare l’esasperazione applicativa del falso in bilancio: la tendenza, difatti, era quella di conferire rilevanza penale anche a variazioni minime delle poste in bilancio e di condannare chi avesse agito anche solo accettando il rischio che il bilancio della società fosse falso.

➢ “Reati societari”

L’art. 25-ter del D.lgs. n. 231/2001, nell’ambito dei reati presupposto che danno luogo alla responsabilità dell’ente, presenta una formulazione particolare: la norma specifica sia i soggetti attivi del reato de quo agitur sia il criterio d’imputazione dell’interesse, così ponendosi in rapporto di specialità rispetto alla norma di cui all’ art. 5 (criteri di imputazione oggettiva e soggettiva).

Il criterio della commissione “nell’interesse della società”, in luogo di quello generale “nell’interesse o a vantaggio della società”, rischia di essere letto come una limitazione del generale presupposto di responsabilità dell’ente,  cui poter dunque derogare.

Quanto ai soggetti attivi del reato, in particolare i cd. “apicali”, la norma li individua specificamente negli “amministratori, direttori generali o liquidatori”, andando a escludere coloro che “esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo”. Come nel caso precedente, il rischio è quello di consentire una  lettura orientata a riconoscere la responsabilità dell’ente per i reati societari commessi dai soli soggetti elencati dalla norma “speciale” di cui al 25-ter.

L’intento sotteso al disegno di legge summenzionato sarebbe quello di affrancare la disposizione in parola da simili interpretazioni, novellando la formulazione del primo comma in modo da renderla omogenea a quella propria degli altri articoli contenuti nella “parte speciale” del decreto 231. Non a caso, già nel 2002, la Commissione Giustizia del Senato si espresse nel senso di ritenerla “pleonastica, meramente ripetitiva”. in  Aby

Ignari di quale sarà il verdetto del legislatore, non ci si può esimere dal rilevare come la prospettata dilatazione dei confini applicativi degli artt. 2621-2622 c.c. (e così della derivata responsabilità dell’ente) assecondi non tanto un’esigenza repressiva collettivamente sentita as wema, piuttosto, le areopzioni ideologiche di segno repressivo particolarmente care alla magistratura.

Paola Perinu | pperinu@blblex.it