DECRETO RILANCIO E CONCESSIONI DEMANIALI: PROROGA LEGITTIMA?

Il Decreto Rilancio recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, tra le varie disposizioni, si è occupato anche del tema delle concessioni demaniali, operando una sospensione dei procedimenti amministrativi volti alla nuova assegnazione delle concessioni demaniali marittime o alla riacquisizione al patrimonio pubblico delle aree demaniali. Il comma 2 dell’articolo 182, così come convertito dalla legge di conversione del 17 luglio 2020, n. 77 del Decreto Rilancio, infatti, affronta il tema dell’estensione delle concessioni fino al 2033, di fatto avallando quanto era già stato deciso con la Legge Bilancio 2019. Il tema della proroga delle concessioni, affrontato già dal Consiglio di Stato con una sentenza del 2019, se da una parte reca un sospiro di sollievo ai concessionari di stabilimenti balneari e ai proprietari di imprese balneari, da un punto di vista giuridico rileva, purtroppo, alcuni dubbi di conformità con il diritto europeo. Al fine di meglio comprendere la portata di tale intervento normativo, appare preliminarmente opportuno esaminare la normativa di recente introdotta in combinato disposto con la Legge Bilancio 2019.
 
1. Le concessioni demaniali nella Legge Bilancio 2019
Invero, il comma 2 dell’articolo 182 del Decreto Rilancio, come di recente emendato, rimandando all’articolo 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018 n. 145 (Legge Bilancio 2019) impedisce alla PA di avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l’uso di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili (ex art. 49 del codice della navigazione), per il rilascio o per l’assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione. La norma richiama esplicitamente la Legge Bilancio 2019 la quale, criticata e passata al vaglio dei giudici del Consiglio di Stato, era stata “sospesa” per profili di incompatibilità col diritto europeo. Il legislatore ha invece optato per una sanatoria che di fatto proroga le concessioni fino al 2033. In particolare, il comma 682 dell’articolo 1 della Legge Bilancio prevede che le concessioni demaniali per lo svolgimento di attività turistico ricreative abbiano una durata di quindi anni con decorrenza dalla data di entrata in vigore della Legge Bilancio 2019. Se ciò da una parte persegue il legittimo fine di garantire la tutela e la custodia delle coste italiane affidate in concessione, quali risorse turistiche fondamentali del Paese e di tutelare l’occupazione e il reddito delle imprese, da un altro punto di vista ha previsto che le concessioni demaniali avranno scadenza il 31 dicembre 2033, penalizzando possibili nuovi concessionari. Ciò ha fatto storcere il naso a molti che hanno denunciato la norma per incompatibilità con le norme base sulla concorrenza. Infatti, la Corte di Giustizia Europea ha più volte ribadito che “…la proroga ex lege della data di scadenza delle autorizzazioni equivale a un loro rinnovo automatico…” (CGUE, sentenza 14 luglio 2016, in causa C-458/14 c.d. Promoimpresa) ponendosi perciò in contrasto sia con il principio della libertà di stabilimento sia con la Direttiva Bolkenstein sui servizi nel mercato interno dell’Unione Europea. In tale contesto era già intervenuto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 7874 del 18 novembre 2019 rilevando l’illegittimità della normativa nazionale recata dalla Legge Bilancio 2019.
 
2. Incompatibilità col diritto europeo: il precedente della sentenza del Consiglio di Stato n. 7874 del 18 novembre 2019
I giudici di Palazzo Spada, applicando la normativa e la giurisprudenza dell’Unione Europea, hanno stabilito che le leggi nazionali italiane che prevedono proroghe automatiche delle concessioni demaniali siano in contrasto con il diritto europeo e che vadano pertanto disapplicate. Il richiamo normativo principale è alla Direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkenstein) in materia di servizi al mercato interno che liberalizza le attività private eliminando in buona parte i previgenti regimi autorizzatori. La Bolkenstein all’art. 12 considera l’utilizzo del demanio marittimo per finalità turistico ricreative come attività non liberalizzate in quanto esercitate per mezzo di un bene pubblico. Dunque, nel caso in cui “il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali” la PA è tenuta ad avviare “una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”. La Legge Bilancio 2019, operando una sostanziale proroga delle concessioni già devolute, violava palesemente il dictum del Consiglio e della Corte di Giustizia europea. Infatti, quest’ultima, con una sentenza del 14 luglio 2016 (in cause riunite C-458/14, Promoimpresa S.r.l. e C-67/15, Mario Melis e altri), pronunciandosi sulle questioni pregiudiziali sollevate dai giudici italiani, ha sostenuto che “l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, [..] che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico‑ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati”. Nello specifico, “l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale […] che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico‑ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”. Inoltre, anche la precedente giurisprudenza domestica seguiva l’interpretazione dell’art. 37 cod. nav. che preferiva la selezione pubblica nel rilascio delle concessioni demaniali marittime, per soddisfare l’esigenza di applicare le norme conformemente ai principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, di par condicio, di imparzialità e di trasparenza. Ritornando alle disposizioni della Legge Bilancio 2019, è manifesto che vi sia in esse contenuta una proroga ex lege della validità e della durata delle concessioni demaniali e c’è di fatto un’assenza della “fase pubblica” per l’assegnazione delle concessioni, così come richiesta dall’acquis comunitario. Tali profili di incompatibilità con l’ordinamento comunitario sono risultati evidenti al giudice amministrativo, il quale ha appunto affermato la necessità di disapplicare le disposizioni nazionali che prevedono proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime, in ragione del contrasto di queste ultime rispetto al diritto europeo.
 
3. Le concessioni demaniali nel Decreto Rilancio
In tale contesto il legislatore ha ritenuto opportuno intervenire sulla materia con il Decreto Rilancio. 
Nella sua versione originaria prima della conversione in legge, il comma 2 dell’articolo 182 del Decreto ripresentava la proroga delle concessioni fino al 2033. Vi era, infatti, già nel vecchio testo, la sospensione degli effetti dei provvedimenti di riacquisizione dei beni del demanio marittimo (e relative pertinenze) già adottati dalla PA, come anche la sospensione dei procedimenti di riacquisizione dei medesimi beni, già avviati o ancora da avviare da parte della PA, e la sospensione dei procedimenti volti alla nuova assegnazione delle aree del demanio marittimo. In concreto la finalità della norma era (ed è) quella di dare stabilità alla proroga della durata delle concessioni demaniali disposta dalla Legge Bilancio 2019, superando in tal modo i rilievi formulati sul punto dal Consiglio di Stato con la su richiamata sentenza n. 7874/2019. Tuttavia la norma risultava generica e lacunosa e aveva preoccupato la Ragioneria di Stato che evidenziava i succitati profili di incompatibilità col diritto europeo. I tecnici dello Stato avevano anche ricordato alla commissione parlamentare come la Commissione Europea aveva già dato il via ad una procedura di pre-infrazione riguardo a quanto già previsto dalla Legge Bilancio 2019 sugli stabilimenti balneari. Un altro dubbio sollevato dalla Ragioneria era quello che la norma consentisse di continuare a utilizzare i beni del demanio marittimo anche da parte di concessionari non in regola con il pagamento del canone. In tale contesto si inserisce il nuovo emendamento che rimarca che “l’utilizzo dei beni demaniali da parte dei concessionari verrà confermato verso pagamento del canone previsto dall’atto di concessione e impedisce il verificarsi della devoluzione delle opere”. Tuttavia con il nuovo testo emendato si rafforza la proroga delle concessioni e si impedisce esplicitamente alla PA di effettuare la devoluzione delle opere e la messa a gara delle concessioni in essere fino al 2033. Inoltre è stata eliminata la disposizione salva-pertinenziali, che prevedeva l’abrogazione degli spropositati canoni Omi (Osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle Entrate), la riapertura dei termini per la definizione agevolata dei contenziosi al 30%, la sospensione dei pagamenti e delle decadenze e l’aumento dei canoni minimi da 362 a 2500 euro annui come compensazione economica nei confronti di imprese pertinenziali ossia che operano su beni in muratura incamerati dallo Stato.
Ancora, nella sua versione originale, il decreto intendeva estendere la proroga fino al 2033 per chi ha concessioni demaniali marittime anche a chi, appunto, esercita tale attività in contesti “lacuali e fluviali”. Ciò è stato eliminato in sede di conversione e c’è da chiedersi se ciò possa comportare una disuguaglianza di trattamento.
 
4. Conclusioni
In conclusione, se da un lato l’estensione delle concessioni balneari garantisce sicuramente tutele e sicurezza a centinaia di imprenditori balneari e dipendenti del settore che lavorano sulle spiagge e che possono guardare con serenità al futuro, dall’altro lato questa salvaguardia si traduce in un possibile concentrato di privilegi in violazione del diritto sovranazionale. Come anche la Ragioneria di Stato ha fatto presente “la situazione prospettata, nel protrarre lo status quo potrebbe determinare un’ingiustificata compressione dell’assetto concorrenziale del mercato del demanio marittimo”. Verosimilmente, se il legislatore italiano non provvederà a regolarizzare la questione, con ogni probabilità ci penserà la Commissione o la Corte di Giustizia Europea. 
BLB Studio Legale, da sempre attenta alla materia delle concessioni demaniali, assiste amministrazioni locali e imprenditori balneari sulla annosa questione.