Danno da ritardo

Il danno da ritardo si riscontra ogniqualvolta la p.a. ometta contra ius di emanare un provvedimento entro il termine al cui rispetto è tenuta. Esso potrebbe essere definito, in altre parole, come la conseguenza giuridica della colposa o dolosa inosservanza del termine prescritto per legge, da parte di una pubblica amministrazione o da un soggetto ad essa equiparato (privato preposto all'esercizio di attività amministrative).

Il danno da ritardo trova riconoscimento giurisprudenziale (con una serie di pronunce che statuiscono circa la risarcibilità dell'interesse legittimo pretensivo), al quale segue una consacrazione normativa nel 2009 con l'interpolazione di un articolo 2-bis nella legge sul procedimento amministrativo, la L. 241/1990. Oggi la lettera della norma prevede che "le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento".

Il successivo comma secondo arriva a prevedere la corresponsione di un indennizzo per il mero ritardo (anche in assenza di altro danno, dunque), la cui quantificazione viene demandata ad un regolamento attuativo di successiva emanazione: detto istituto non ha conosciuto, a parte isolati tentativi, alcuna attuazione pratica generalizzata. Deve tuttavia ravvisarsi che la giurisprudenza amministrativa, ribaltando il precedente orientamento, aveva stabilito che il tempo dell'azione amministrativa, bene della vita tutelato dell'ordinamento, fosse meritevole di tutela anche risarcitoria, sdoganando così la pretesa del cittadino e del privato a vedersi riconosciuto un risarcimento per il mero ritardo.

Le pp. AA. dovevano pertanto rispondere non solo, come la lettera della norma prevederebbe, del danno cagionato a seguito di un ritardo nell'adozione del provvedimento e di un indennizzo per il mero ritardo, bensì anche del danno per il mero ritardo – dunque per il tempo perduto – oltre che degli ulteriori danni che tale ritardo avesse provocato. Tuttavia, tale orientamento era destinato a subire pregiudizio dall'evoluzione della nozione di interesse legittimo, il cui approdo si cristallizza nella definizione dell'Ad. Plen. 3/2011.

Essa riconosce una dimensione sostanziale all'interesse legittimo, testualmente: "l'interesse legittimo va, quindi, inteso come la posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita interessato dall'esercizio del potere pubblicistico, che si compendia nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa dell'interesse al bene". Il passaggio dalla generica pretesa ad un agire secundum legem da parte della p.a., ad una pretesa ad un bene della vita che si attua mediante un corretto esercizio del potere pubblico, è ricca di riflessi importanti e conseguenze profonde.

Una di queste attiene senz'altro alla risarcibilità del danno da ritardo. Coerentemente con il principio individuato da Ad. Pl. Cons. Stato 3/2011, non potrà essere risarcito che il ritardo nell'adozione di un provvedimento che avrebbe assegnato il bene della vita, pertanto rilevante diviene anche la effettiva consistenza della pretesa sul piano sostanziale: ne esce così limitata ridimensionata la pretesa al risarcimento del ritardo ex se considerato, per lo meno negli interessi pretensivi.

L'evoluzione ermeneutica seguente ha proseguito su tale lunghezza d'onda a restringere le ipotesi in cui a rilevare sia il mero ritardo, ritenendo piuttosto che risarcibile sia l'ulteriore danno cagionato dall'illecita inezia della amministrazione. Il tema di cui trattasi è collegato al principio costituzionalmente protetto del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), nonché del più specifico canone dell'agire amministrativo entro tempi certi o più generalmente della certezza dei rapporti giuridici, a sua volta riconosciuto dal diritto europeo a vario titolo. 
Riguardo alla natura giuridica della responsabilità della p.a., la maggioranza degli interpreti, facendo leva sulla formulazione letterale della norma, opina che essa abbia natura aquiliana. L'onere probatorio è posto in capo al privato per quanto attiene anche al quantum. Come è naturale, i criteri di quantificazione del danno sono declinati in maniera differente a seconda della lesione lamentata (mancata assegnazione del bene della vita, perdita di chance, danno curricolare, lucro cessante, danno emergente, e via seguitando).

Circa l'elemento soggettivo, l'orientamento maggioritario ritiene sì necessarie la colpa o il dolo in capo a chi ingiustamente si attarda nell'emanazione del provvedimento o manca di emanarlo, tuttavia osserva che l'illegittimità del provvedimento costituisce elemento dal quale si può presumere la colpa. Spetta a quel punto semmai all'Amministrazione provare che l'errore è scusabile (ergo non sussiste colpa).

Per concludere, giova soffermarsi rapidamente sugli aspetti processuali. L'azione di risarcimento per danni da lesione di interesse legittimo è proponibile anche per via autonoma, nel brevissimo termine di decadenza di 120 giorni. Essa può tuttavia seguire la pronuncia che annulla un provvedimento in accoglimento della relativa azione, nel medesimo termine di 120 giorni dalla adozione della pronuncia. Più specificamente, per il danno relativo all'inosservanza dolosa o colposa del termine, l'articolo 30, IV comma, c.p.a., prescrive che il termine di 120 giorni per proporre l'azione non decorre fintanto che perdura l'inadempimento purché l'inadempimento stesso non perduri oltre un anno. Trascorso un anno, il termine di 120 giorni inizia comunque a decorrere.

Focus giurisprudenziale

Irrilevanza del mero ritardo negli interessi pretensivi

La serie di pronunce riportate riflette l'approdo interpretativo di cui si è dato conto, agganciando la risarcibilità del danno alla fondatezza della pretesa sul piano sostanziale e non accogliendo domande che poggiano sull'assunto, in diritto, che il mero ritardo dia luogo a diritto al risarcimento.

Responsabilità e risarcimento - Risarcimento danni - Danno da ritardo - Procedimento avviato d'ufficio - Configurabilità - Nesso di causalità
Orbene, l'art. 2-bis, comma 1, prevede la possibilità di risarcimento del danno da ritardo/inerzia dell'amministrazione nella conclusione del procedimento amministrativo non già come effetto del ritardo in sé e per sé, bensì per il fatto che la condotta inerte o tardiva dell'amministrazione sia stata causa di un danno altrimenti prodottosi nella sfera giuridica del privato che, con la propria istanza, ha dato avvio al procedimento amministrativo. Il danno prodottosi nella sfera giuridica del privato, e del quale quest'ultimo deve fornire la prova sia sull'an che sul quantum, deve essere riconducibile, secondo la verifica del nesso di causalità, al comportamento inerte ovvero all'adozione tardiva del provvedimento conclusivo del procedimento, da parte dell'amministrazione. E ciò sempre che, nell'ipotesi ora considerata, la legge non preveda, alla scadenza del termine previsto per la conclusione del procedimento, un'ipotesi di silenzio significativo (C.d.S., sez. III, 18 maggio 2016, n. 2019). Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 15 gennaio 2019, n. 358

Risarcimento danni - Pubblica amministrazione - Interesse legittimo pretensivo - Danno da ritardo - Valutazione
Il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita e deve, quindi, essere subordinato, tra l'altro, anche alla dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e, quindi, alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 06 aprile 2016, n. 1371

Irrilevanza della fondatezza della pretesa in particolari casi

Il danno deriva dalla lesione del diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale: il ritardo nell'adozione del provvedimento genera, infatti, una situazione di incertezza in capo al privato e può, dunque, indurlo a scelte negoziali (a loro volta fonte di perdite patrimoniali o mancati guadagni) che non avrebbe compiuto se avesse tempestivamente ricevuto, con l'adozione del provvedimento nel termine previsto, la risposta dell'amministrazione. […] è, infatti, onere del privato fornire la prova, oltre che del ritardo e dell'elemento soggettivo, del rapporto di causalità esistente tra la violazione del termine del procedimento e il compimento di scelte negoziali pregiudizievoli che non avrebbe altrimenti posto in essere […] Come è dato osservare, l'Adunanza plenaria riconosce il danno da ritardo "a prescindere dalla spettanza del bene della vita sotteso alla posizione di interesse legittimo su cui incide il provvedimento adottato in violazione del termine di conclusione del procedimento", ricollegandolo alla "lesione del diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale" e subordinandolo, comunque, a rigorosi oneri di allegazione e prova dell'elemento soggettivo e del nesso di causalità. Tale ricostruzione presuppone di regola, come è evidente, la natura imprenditoriale del soggetto....continua la lettura su PlusPlus24Diritto