Il processo civile telematico

Il Processo Civile Telematico (PCT) è un progetto promosso dal Ministero della Giustizia per migliorare la qualità dei servizi giudiziari in area civile. La nuova architettura tecnologica passa attraverso l’esecuzione da remoto, online, di operazioni (quali il deposito di atti, la trasmissione di comunicazioni e notifiche, la consultazione dello stato dei procedimenti risultante dai registri di cancelleria, nonché dei fascicoli e della giurisprudenza) prima esperibili solo recandosi fisicamente presso le cancellerie dei Tribunali.

Nel 2013, sono stati oltre 659.000 i provvedimenti giudiziali digitali (ossia scritti dai magistrati direttamente dalla loro consolle telematica), 2.800.000 gli atti scansionati, 319.000 i depositi in via telematica, oltre 12 milioni le comunicazioni e notificazioni telematiche dalle cancellerie verso gli studi legali. Il risparmio di spesa ammonta a 43 milioni di euro. In Italia, già il 67% dei Tribunali e il 38% delle Corte di appello sono “attivati a valore legale”, dicitura che si appone agli uffici dove i depositi telematici hanno interamente sostituito il cartaceo.

Tali dati, se da un lato mostrano come la digitalizzazione del processo civile sia una realtà già rilevante, dall’altro danno evidenza del lavoro che ancora deve essere compiuto. A maggior ragione se si considera che, a partire dal 30 giugno 2014, sarà obbligatorio il deposito per via telematica di tutti gli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione.

La regola giunge al termine del lungo e graduale iter di informatizzazione dell’amministrazione della giustizia, portato avanti nel nostro Paese per razionalizzare la gestione del contenzioso civile, con il fine ultimo auspicato di una drastica riduzione dei tempi processuali.

I primi spunti risalgono al 1997, quando, in attuazione della legge 15 marzo 1997 Numero 59, fu emanato il Decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 513 contenente i criteri e le modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici. Il regolamento sanciva la rilevanza giuridica del documento informatico, ovvero “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”; inoltre, veniva fornita la disciplina della firma digitale, definita come il risultato della procedura informatica (cosiddetta validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, che consente al sottoscrittore e al destinatario di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici.

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