Fallimento e rapporto di lavoro

Fallimento e rapporto di lavoro: cognizione del giudice del lavoro anche in tema di accertamento dell'indennità risarcitoria

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un lavoratore licenziato in applicazione del principio secondo cui, qualora risulti l'interesse del lavoratore all'accertamento del diritto di credito risarcitorio in via non meramente strumentale alla partecipazione al concorso nella procedura di amministrazione straordinaria, bensì effettivo alla tutela della propria posizione all'interno dell'impresa, spetta al giudice del lavoro la cognizione delle domande inerenti l'impugnazione del licenziamento, la reintegrazione nel posto di lavoro, compreso l'accertamento della misura dell'indennità risarcitoria dovutagli.

Corte di Cassazione, civ., sez. L, sentenza del 21 giugno 2018, n. 16443

Il caso di specie

Il decisum trae origine da un ricorso proposto dal lavoratore avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari con la quale il giudice del gravame aveva dichiarato l'improseguibilità della domanda giudiziale di impugnazione di licenziamento e di conseguenti condanne reintegratoria e risarcitoria per effetto della dichiarazione dello stato di insolvenza del datore di lavoro da cui sarebbe derivata la competenza esclusiva del giudice fallimentare.

La Corte del merito, infatti, aveva ritenuto sussistente in via esclusiva e senza deroga la competenza del giudice fallimentare per l'accertamento di qualsiasi pretesa avente contenuto patrimoniale.

Sul punto il ricorrente eccepiva la violazione del principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato, per essere il petitum della domanda, diversamente da quanto erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, non già una pretesa di contenuto patrimoniale cui accede strumentalmente l'accertamento di illegittimità del licenziamento, ma proprio la reintegrazione nel posto di lavoro, con la conseguente condanna risarcitoria.

La Corte, nel valutare fondato il ricorso, ha ritenuto opportuno individuare e specificare gli ambiti di competenza riservati al giudice del lavoro e al giudice fallimentare. In via preliminare, è stato ribadito che la questione non sia da inquadrarsi in termini di competenza del foro fallimentare, non trattandosi di azioni che derivano dal fallimento ex art. 24 L.F., ma piuttosto in termini di rito e di concorso dei creditori.

La controversia, dunque, riguarda l'individuazione del giudice preposto alla cognizione della domanda intesa non tanto come illegittimità del licenziamento e di tutela reintegratoria – su cui ci sono soluzioni sostanzialmente consolidate -, quanto piuttosto come tutela risarcitoria.

Il quadro normativo

La cognizione del giudice del lavoro sussiste - ai sensi del combinato disposto degli artt. 409 e 413 c.p.c. –, quale giudice del rapporto, in relazione ad ogni controversia avente ad oggetto lo status del lavoratore, in riferimento al diritto ad una legittima e regolare instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto e alla sua corretta qualificazione e qualità (azioni di mero accertamento o azioni costitutive di impugnazione di licenziamento).

Al giudice fallimentare, inteso quale giudice del concorso, è riservato invece l'accertamento, con relativa quantificazione, delle pretese creditorie del lavoratore, anche laddove le domande di accertamento o costitutive riguardanti il rapporto di lavoro siano meramente strumentali all'accertamento di diritti patrimoniali incidenti sul patrimonio del fallito.

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