Disciplina del recesso del socio da una s.r.l.

la QUESTIONE

In tema di recesso del socio da una s.r.l., la carenza di disposizioni pattizie e il rinvio alla disciplina per le s.p.a. rappresentano in tutti i casi un valido rimedio alle lacune legislative della normativa prevista per le s.r.l.?

 

L’approvazione dei decreti legislativi nn. 5 e 6 del 17 gennaio 2003 ha segnato un significativo cambiamento nel panorama del diritto societario italiano, un processo iniziato con la legge delega n. 366 del 3 ottobre 2001. Questa riforma, frutto di una lunga evoluzione che ha avuto origine nel disegno di legge Mirone del giugno 2000, ha coinvolto il diritto societario in tutte le sue sfaccettature: civile, commerciale, penale e processuale.

Il decreto legislativo n. 6/2003 è emerso come il pilastro principale di questa riforma, influenzando in modo significativo la regolamentazione e la struttura delle società di capitali e cooperative. Questa riforma ha risposto all’esigenza di rendere il sistema economico e imprenditoriale più flessibile, trasparente ed incentivante.

Un elemento innovativo di questa riforma riguarda l’istituto del recesso del socio nelle società a responsabilità limitata (S.r.l.), un aspetto che è oggetto di approfondimento in questo contesto. Il recesso del socio rappresenta un punto chiave per valutare le scelte del legislatore in relazione agli interessi contrapposti dei gruppi societari e dei singoli partecipanti.

Da un lato, ci sono gli interessi del gruppo societario, che cerca di preservare l’integrità del gruppo, la stabilità delle relazioni associative e la flessibilità nell’adattamento alle mutevoli esigenze del mercato. Dall’altro lato, ci sono gli interessi dei singoli partecipanti, a cui vengono dati strumenti per uscire dalla società in caso di decisioni dannose per i loro investimenti (recesso) o per cercare di influenzare decisioni imprenditoriali ritenute illegittime o dannose (strumenti di voice).

Le opzioni di recesso previste dalla riforma sono più ampie rispetto al passato, e la loro applicazione è in gran parte lasciata alla discrezione statutaria delle società. Inoltre, il valore delle quote di partecipazione è ora correlato al loro valore di mercato attuale, in modo da garantire l’integrità del capitale sociale e la tutela degli interessi dei creditori.

Il legislatore ha chiaramente cercato di rafforzare il ruolo del recesso come strumento di tutela degli interessi individuali dei singoli soci. Questo è evidenziato dal posizionamento della regolamentazione del recesso all’interno delle disposizioni relative ai conferimenti e alle quote delle società a responsabilità limitata, anziché tra le disposizioni sulle modifiche dell’atto costitutivo. Questo sposta l’attenzione sull’autonomia e l’autotutela del socio, consentendogli di uscire dalla società ed ottenere il valore di mercato attuale della sua partecipazione.

Tuttavia, va notato che questa riforma non ha ribaltato l’equilibrio di potere a favore del singolo socio a scapito della società. Piuttosto, ha fornito ai singoli partecipanti strumenti per affrontare conflitti interni e cercare soluzioni comuni, allo scopo di evitare l’impatto negativo del recesso sul patrimonio della società. Aumentando le opzioni di recesso e consentendo ai soci uscenti di ottenere il valore di mercato per le loro quote, la riforma ha dato al socio un potente incentivo per proteggere i propri interessi, ma è fondamentale considerare gli impatti complessi e le sfide economiche che questa dinamica può comportare.

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