“Single Digital Market”: l’Europa e le sue origini storiche in versione 2.0

Riflettendo sulla storia, viene in mente come l’Unione Europea sia nata dall’idea di un ‘mercato unico europeo’, coronata con i Trattati di Roma del 1958, istitutivi del cd. “Mercato Europeo Comune”. In maniera non dissimile, si parla oggi del “Mercato Unico Digitale Europeo”, noto anche come Single Digital Market, quale realtà in grado di garantire la libera circolazione di beni e servizi digitali e a livello digitale.

Lo scorso 6 maggio, la Commissione Europea ha trasmesso al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni il documento illustrante le linee strategiche per la realizzazione del Mercato Unico Digitale Europeo.

Come noto, l’informazione e la comunicazione digitale sta assumendo un ruolo sempre più pregnante all’interno della popolazione globale, la quale non solo si serve degli strumenti digitali nell’esercizio dei propri poteri d’acquisto ma, altresì, dirige le proprie scelte di consumo su beni e servizi digitali, mossa dalla convenienza economica e dalla vantaggiosità delle condizioni contrattuali.

L’obiettivo dell’Unione Europea è quello, anzitutto, di incoraggiare dette tendenze attraverso la definizione di misure di sostegno per gli investimenti strutturali nel settore, volti a garantire l’interconnessione e l’interoperabilità delle tecnologie utilizzate nell’e-commerce. Queste misure, oltre a dare una forte spinta al settore digitale, consentirebbero, altresì, la creazione di imprese europee, ovvero imprese in grado di operare armonicamente nei diversi settori della produzione,  senza alcuna limitazione o vincolo a livello nazionale.

Per raggiungere detti obbiettivi è necessario agire, anzitutto, a livello normativo, garantendo una tutela omogenea per il consumatore e uniformando la normativa IVA, così da operare un allineamento delle aliquote relative ai beni e servizi digitali.

L’Europa ha, già da tempo, preso atto di dette tendenze e, ora, si dichiara pronta a coordinare l’economia digitale, partendo dalle suesposte premesse, a patto che i singoli Stati membri possano contribuirvi: l’Italia ha detto sì, ribadendo le posizioni già assunte con la “Strategia per la crescita digitale 2014-2020” e la “Strategia italiana per la banda ultra larga”. E’ stato così trasmesso alla Commissione Europea e pubblicato sul sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) un documento ufficiale in cui l’Italia enuclea i passi ritenuti necessari per la creazione del mercato unico digitale.

Il nostro Governo, premessa la primaria importanza di una omogeneizzazione normativa, soprattutto a livello fiscale, si esprime sui seguenti punti: accesso a internet, sicurezza sulla rete, tutela del diritto d’autore, start-up innovative, istruzione digitale.

E’ chiaro che l’accesso alla rete sia il primo aspetto su cui intervenire, in quanto prodromico rispetto  alla dimensione operativa e produttiva della rete. In proposito l’Italia richiama l’importanza della rete a banda larga, così dimostrandosi coerente con gli obbiettivi dell’agenda digitale 2020.

La rete a banda larga, strumento volto a garantire una connessione a elevata velocità, dovrebbe rientrare nel concetto europeo di “servizio universale”, nel senso che gli Stati dovrebbero garantire ai cittadini un valore minimo di banda così da uniformare le condizioni di accesso alla rete e consentire la neutralità di quest’ultima.

Una volta assicurato l’accesso, si dovrebbero poi assicurare la sicurezza e l’integrità della rete, caratteri fondamentali per aumentare la fiducia del cittadino nell’utilizzo delle tecnologie digitali. Uno degli ostacoli più significativi all’ottimale funzionamento di un mercato digitale unico è rappresentato dall’idea che le transazioni on-line non siano sicure, in quanto i dati trasmessi durante la transazione si tema che vengano utilizzati abusivamente. L’Italia auspica di arrivare, in tempi brevi, all’approvazione della Direttiva “Network & Information Security” (NIS); tuttavia, a opinione di chi scrive, la trasparenza e la sicurezza sono valori imprescindibili e fondamentali, che vengono ancor prima dello stesso diritto di accesso alla rete: pertanto, lo strumento di regolazione potrebbe e dovrebbe essere il Regolamento, così da imporre protocolli di sicurezza minimi in via diretta e obbligatoria.

Un particolare accento è dato, poi, al settore imprenditoriale: si parla, in particolare, delle start-up ad alto potenziale innovativo, in favore delle quali l’Unione Europea ha stanziato numerosi fondi a titolo di finanziamento. L’importanza delle start-up, innovative e non, nel contesto di un mercato unico digitale europeo, gioca sull’idea di creare una “manifattura digitale”: le imprese dovrebbero poter contare su sistemi di coordinamento, nei quali inserirsi per operare in diversi stadi di un’unica filiera produttiva. In altre parole, non si dovrebbe più parlare di singole imprese ma di fabbriche digitali, capaci di attrarre i flussi d’investimento internazionali; a tal fine, affinchè si possa incoraggiare questo coordinamento di singole realtà, sarebbe necessario ridurre gli oneri (burocratici e non) di avvio delle imprese e armonizzare la normativa fiscale, in modo da alleggerirla il più possibile. Questi i passi che l’Italia individua per realizzare un “hub dell’innovazione” a livello europeo.

Sulla cultura e istruzione digitale si è sempre parlato tanto, ritenendo che l’utilizzo delle risorse digitali sia talvolta minato da deficit conoscitivi in merito. Per questo l’Italia e l’Europa inseriscono l’alfabetizzazione e le competenze di settore tra gli aspetti su cui investire per la creazione del mercato unico digitale europeo.

In altre parole, l’obbiettivo dell’Unione Europea è che possa addivenirsi a una digitalizzazione a 360 gradi, quale nuovo universo in cui operare e con cui confrontarsi. In effetti, l’era del digitale è quella presente e l’web è l’unico strumento in grado di far comunicare realtà distanti creandone, dal contatto, di nuove e ulteriori.

Concludendo, non possiamo estraniarci dall’idea che la digitalizzazione costituisca lo strumento in grado di consentire all’Europa di divenire un polo di investimenti nel mercato globale; nel contempo, ciò può avvenire a patto che la libertà di mercato si accompagni e si fondi sulla libertà dei singoli operatori economici, indipendente dallo Stato di provenienza e destinazione.