LE NOVITA' DEL DECRETO RILANCIO PER LE START-UP E LE PMI INNOVATIVE. TRA SODDISFAZIONE E MALCONTENTO

A seguito della emergenza epidemiologica da COVID-19, il governo italiano ha posto in essere numerosi provvedimenti volti a risollevare il Paese e garantire incentivi e fondi a settori dell’economia che hanno subito l’urto del lockdown.

Di recente è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione con modifiche del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio), recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Quest’ultima normativa, al centro di un vivace dibattito parlamentare e mediatico, prevede all’articolo 38 una disposizione volta al rafforzamento dell’ecosistema delle start-up innovative in un’ottica volta a “digitalizzare” il Paese ponendo l’innovazione in primo piano.

La norma è stata oggetto di emendamenti nel corso della discussione di conversione del Decreto Rilancio in legge e nella sua nuova veste propone alcuni provvedimenti positivi e alcuni negativi, dando vita purtroppo anche a delle discriminazioni vistose per quanto riguarda gli incentivi e gli sgravi fiscali per coloro che sostengono le start-up e le PMI innovative.

È opportuno analizzare dettagliatamente la normativa prima e dopo la conversione per capirne la portata e i pro e i contro che si prospettano per le start-up e le PMI innovative per il 2020.

Iniziamo con le previsioni “promosse”.

1. In primo luogo, è positiva l’azione (confermata dalla legge di conversione) di destinare risorse aggiuntive per finanziamenti agevolati per un importo di 100 milioni di euro da destinarsi alle start-up. Queste risorse sono state finora gestite dal programma Smart & Start di Invitalia.

2. È positiva anche la decisione di sostenere le start-up con la concessione di contributi a fondo perduto sotto forma di voucher per 10 milioni di euro per l’acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori, acceleratori, innovation hub, business angels e altri soggetti pubblici o privati operanti per lo sviluppo di imprese innovative.

3. Ancora, con la legge di conversione positivamente si destina fino al 5 per cento dei contributi a fondo perduto per il finanziamento di iniziative di promozione e comunicazione dell’ecosistema start-up avviate al fine di fronteggiare l'emergenza derivante dal COVID-19 e a quelle finanziate al raccordo tra imprese innovative e imprese tradizionali.

4. Inoltre, ottima la scelta di equiparare le start-up a università ed istituti di ricerca per quanto riguarda i soggetti da cui le società possono acquistare servizi di ricerca e sviluppo detraibili.

5. Viene anche confermata la proroga del termine di permanenza delle start-up nella sezione speciale del registro delle imprese (con tutti i benefit che ne derivano) di 12 mesi.

6. Un altro passo avanti è sicuramente la conferma del fondo di sostegno del MiSE di 200 milioni di euro al venture capital. Tuttavia, in questa previsione si intravede una prima contraddizione nella normativa. Infatti, la misura massima dei finanziamenti agevolati che ciascuna start-up e PMI innovativa può ottenere è pari a quattro volte l’importo complessivo delle risorse raccolte dalla stessa, con il limite massimo di 1 milione di euro per singolo investimento. Una disposizione che limita le start-up che, soprattutto nel seed stage, sono più fragili e bisognose di supporto. Ma non è tutto.

7. Il punto più controverso della norma è sicuramente quello che riguarda le detrazioni fiscali applicabili alle persone fisiche che investono in start-up e PMI innovative. Infatti, a tali soggetti spetta una detrazione d’imposta del 50% per le somme versate al capitale sociale di uno o più di start-up o PMI innovative, direttamente o tramite organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in PMI innovative. L’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 100.000 euro per le start-up e 300.000 euro per le PMI innovative e deve essere mantenuto per almeno tre anni. Perché questa differenziazione? Forse il legislatore ha confuso l’oggetto rivolgendosi solo alle PMI innovative anziché alle start-up? Anche perché teoricamente sono proprio le start-up ad aver bisogno di maggiori incentivi all’investimento in capitale di rischio. Perché allora innalzare la cifra solo nei confronti delle PMI innovative, penalizzando le start-up?  

Un altro scivolone in sede di conversione è quello che prevedeva che in precedenza il credito d’imposta potesse andare a valere non solo sulle imposte sull’IRPEF ma anche sulle rendite da capital gain e su quelle da locazione abitativa in cedolare secca. Ebbene, quest’agevolazione non è confermata nella legge di conversione. Perché?

Inoltre, le persone fisiche che investono in start-up o PMI innovative, basta che, anziché investire singolarmente, si “uniscano” in società, magari per una più attenta e prudente allocazione delle risorse da investire, per perdere l’agevolazione al 50%.  

Di fatto per questa (probabile) “dimenticanza” vengono tagliati fuori dal beneficio sia i sottoscrittori in holding (incluse quelle quotate come LVenture Group e Digital Magics, ed anche la più recente Ulixes Capital Partners) e di special purpose vehicles, sia i portali di equity crowdfunding che offrono l’opzione di investire attraverso un veicolo dedicato, sia le associazioni di Business Angels che operano abitualmente con dei sindacati di investimento (e.g. IAG e IBAN).

D’altra parte, prima della conversione del Decreto Rilancio, le società di capitali e le holding di partecipazioni avevano sperato in un emendamento proposto dal MiSe che li avrebbe inclusi negli incentivi. Invece così non è stato. L’emendamento non è passato al Senato. Tra le altre cose, questo stesso emendamento prevedeva un altro elemento fondamentale, e cioè che l’investimento agevolato dovesse essere obbligatoriamente legato a partecipazioni non qualificate: il “minority stake” che è un principio fondante del venture business di modello britannico. Invece i benefici rimangono solo in favore di investimenti diretti o tramite fondo. Nota positiva, certo, ma rischiosa per i possibili abusi (e.g. presunti investitori potrebbero fare degli aumenti di capitale di fatto sottoscritti dagli stessi proprietari dell’azienda). Quest’operazione, oltre a poter essere considerata distorsiva, non ha comunque niente a che vedere con il venture investing.  

Un altro pregiudizio creato sempre dal settimo comma dell’articolo 38 del Decreto Rilancio così come convertito in legge, è il limite temporale minimo di mantenimento della quota di investimento a favore delle start-up e delle PMI innovative per almeno 3 anni per godere dei benefici fiscali.  

Un acceso dibattito, che ha visto delle contestazioni anche da parte di IBAN, vorrebbe una riduzione del periodo di investimento in start-up ad un anno, per incentivare così gli investimenti in queste forme societarie (piuttosto che in PMI innovative), che di solito hanno vita breve. Infatti, tre anni di blocco potrebbero scoraggiare ad investire nelle start-up.

8. Oltre a ciò, l’articolo 38 del Decreto rilancio prevede l’istituzione di un fondo di 4 milioni di euro per il 2020, il c.d. “First Playable Fund” per incentivare in modo selezionato le start-up in fase prototipale legate ai videogames tramite l’erogazione di contributi a fondo perduto. Dato positivo. Tuttavia, non è ben chiaro perché optare per questo trattamento differenziato a favore  dell’industria dei videogames. Perché proprio e solo i videogames?

9. Con la legge di conversione, inoltre si è voluto incentivare il business delle start-up della moda introducendo, all’articolo 38 bis, contributi a fondo perduto riconosciuti nella misura massima del 50 per cento delle spese ammissibili, nel limite di 5 milioni di euro per l’anno 2020. Senza dubbio una scelta fruttuosa per sostenere il Made in Italy. Anche in questo caso, il dato è positivo, ma sarebbe interessante comprendere la ratio della scelta di preferire questo settore rispetto ad altri.

In conclusione… tra soddisfazione e giustificato malcontento.