IL CONSIGLIO DI STATO INTERVIENE SUGLI OBBLIGHI CONTRIBUTIVI DA CONVENZIONE URBANISTICA

Con sentenza n. 6561/2019 depositata l’1.10.2019, la sezione IV del Consiglio di Stato, si è pronunciata in materia di rapporti tra la PA ed il privato regolati da apposita convenzione urbanistica, statuendo che i relativi contributi di costruzione, in quanto obblighi convenzionali, sarebbero dovuti a prescindere dall’effettiva realizzazione e completamento dell’intervento edificatore pianificato.

Si tratta, in particolare, di somme a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria e di contributo per lo smaltimento dei rifiuti, il cui obbligo di pagamento a carico dell’impresa sarebbe convenzionalmente sorto, in forza degli artt. 4 e 7 della convenzione urbanistica, dalla data di rilascio della concessione edilizia e, perciò, dovuto nella sua interezza, anche in caso di mancata o solo parziale attuazione dell'intervento edilizio previsto in convenzione.

Nel caso sottoposto ai giudici amministrativi, infatti, la convenzione urbanistica, prevedeva espressamente il pagamento di determinati importi e l’insorgere dell’obbligo complessivo di pagamento degli oneri di urbanizzazione secondaria, non predisponendo una riduzione dei suddetti oneri in proporzione alla percentuale effettiva di attività edilizia svolta rispetto alle previsioni ordinarie ovvero all’impatto urbanistico effettivo di tali previsioni convenzionali. Dunque, in ossequio al brocardo latino pacta servanda sunt, l’obbligata era tenuta al pagamento integrale degli oneri secondari, nonostante il mancato completamento degli interventi per mancanza di tempestività nella realizzazione della costruzione e per impossibilità (in quanto area divenuta inedificabile a seguito di sopravvenuto Piano territoriale di Coordinamento Provinciale – PTCP) ad essa comunque imputabile. Né l’obbligazione poteva dirsi estinta per risoluzione, sia essa totale o parziale, della convenzione per impossibilità sopravvenuta dovuta a causa non imputabile ex artt. 1463 e 1464 c.c., né poteva ravvisarsi inadempimento imputabile alla PA.

La questione in commento ha origine da una sentenza di accoglimento del T.a.r. per la Lombardia, sez. II, n.718/2018 del 13.03.2018. Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato l’appello del Comune di Bernareggio in quanto la sentenza appellata sarebbe erronea laddove riconosca il diritto alla restituzione dei suddetti oneri versati in base alle quote pianificate e mai effettivamente edificate.

In aggiunta, il giudice amministrativo, nel caso di specie, sembra aver tenuto conto anche della circostanza, espressamente enunciata dalla PA tra i motivi di impugnazione, che la Società obbligata successivamente avrebbe, altresì, stipulato col Comune di Bernareggio una nuova convenzione urbanistica nel 2018, rimodulando il previgente accordo per il comparto D, limitandosi a disciplinare le stesse attività edilizie previste in precedenza e, di fatto, vincolandosi al rispetto della nuova convenzione senza affrontare il tema delle restituzioni. In tal modo, rinunciando implicitamente a qualsiasi pretesa di rimborso.

In tale occasione, il Consiglio di Stato ha inteso soprattutto chiarire la differenza che intercorre in via di principio tra gli impegni assunti in contesto convenzionale e quanto attiene al rilascio del singolo titolo edilizio: in tal caso, infatti, varrebbe il principio del rapporto effettivo tra contributo e attività edilizia del privato, con ripetizione di quanto versato in eccesso rispetto a quanto realizzato,  in quanto tali oneri “sono collegati alla specifica trasformazione del territorio oggetto del titolo”; mentre le obbligazioni attinenti al contributo di costruzione (e soprattutto quelle relative agli oneri di urbanizzazione) non andrebbero considerate isolatamente, ma andrebbero riferite “alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni assunti” (Cons. Stato, IV, 15 febbraio 2019, n. 1069).

In conclusione, tali oneri di contribuzione, data la loro natura di obbligazione non imposta ex lege ma assunta contrattualmente tra privato e PA “nell’ambito di un rapporto di natura pubblicistica correlato alla pianificazione territoriale”, non sono indissolubilmente correlatiall’esatta misura dell’effettivo esercizio dello ius aedificandi. Le “vicende successive al rilascio della concessione, quali parziali varianti in diminuzione della superficie in progetto, non altrimenti recuperata”, non rilevano, infatti, ai fini di una possibile riduzione di tali obblighi convenzionali. Tanto più che, nel caso di specie, l’intervento di urbanizzazione non era divenuto, in tutto o in larga parte, irrealizzabile, ma l’attività edilizia risultava completata per il 97%.

Tale ferma distinzione ha anche una ricaduta fondamentale per la vita dei Comuni: se non ci fosse una differenza sostanziale tra le due fattispecie, il privato potrebbe sottrarsi facilmente a tali obblighi convenzionali, lasciando buchi di bilancio nelle casse comunali e ciò persino se l’effettiva edificazione delle previsioni di piano, seppur non realizzata in toto, sia avvenuta per la quasi totalità.