Cina e PIL: un singolo dato per mille realtà

Ove ci si soffermi sul rallentamento della crescita del PIL, l’esponenziale ascesa della Cina sembra aver subito, negli ultimi tempi, una vera e propria battuta d’arresto. È quel che emerge tra l’altro dai titoli delle maggiori testate giornalistiche internazionali, riportanti la notizia come la “fine di un’era d’oro”.

Ad un’analisi appena più approfondita ci si rende però subito conto di quanto parziale ed approssimativa sia la questione così come prospettata: la situazione economica di un Paese grande come la Cina non può certo esser riassunta in un singolo dato, come tale inidoneo a rispecchiare le variegate, e spesso contrastanti, realtà delle diverse regioni Cinesi. Né i PIL delle regioni maggiormente note valgono a fornire un quadro esaustivo.

Basti pensare al radicale cambiamento che negli anni tra il 2005 e il 2010 ha interessato il Paese in relazione ai tassi di crescita divenuti, grazie alla volontà del Governo di creare una “società uniforme” caratterizzata da maggiore omogeneità, ben superiori nelle province interne ed in quelle secondarie (Habei, Shanxi, Guangxi, etc.), piuttosto che in quelle della prospera e produttiva zona costiera (Pechino, Tianjin, Shanghai, etc.). A fronte di questo eccezionale incremento dovuto agli iniziali investimenti del Governo, l’attuale rallentamento della crescita del PIL in tali zone, altro non è dunque che la prova della sua avvenuta stabilizzazione.

D’altronde, la decelerazione dell’espansione Cinese, non solo era già stata prevista dal Governo con l’annuncio di una diminuzione nell’obiettivo di crescita economica, ma era anche – e comunque – da considerarsi nella normalità delle cose.

Una corretta visione della decrescita del PIL Cinese sarebbe, allora, quella di considerarla come il risultato di un normale processo di aggiustamento che i Paesi in via di sviluppo subiscono quando raggiungono un più elevato stadio di maturità, passando da una crescita medio-alta del PIL ad una sua crescita semplicemente regolare.