L’impatto del Covid-19 sui contratti privati in breve: Forza maggiore, Hardship, Force Majeure.

Il coronavirus (COVID-19) e le misure restrittive adottate per contenerlo dalle Autorità governative di vari Paesi, tra cui la Cina e l’Italia, stanno incidendo in maniera significativa sulle capacità, di privati ed imprese, di adempiere in maniera puntuale alle proprie obbligazioni contrattuali. Assistiamo quotidianamente ad un aumento di casi di scioglimento dei contratti, di cancellazioni, di disdette e di blocchi alle forniture di merci che causano ritardi od inadempimenti. In questo tipo di situazioni la clausola più invocata è quella della forza maggiore, ma questa giustifica sempre la risoluzione o la rinegoziazione di un contratto?

Questo breve testo ha lo scopo di fornire informazioni di carattere generale utili per orientarsi nella situazione attuale.

Come prima cosa è necessario interrogarsi su cosa si debba intendere per causa di forza maggiore. Premettendo che non esiste ad oggi una definizione comune ed univoca di forza maggiore, questa può essere definita in termini generali come un rimedio eccezionale che consente alla parte di liberarsi della prestazione e, di conseguenza, anche dalle responsabilità che ne conseguono, qualora l’inadempimento sia causato da un evento imprevedibile e straordinario. Vista la sua importanza è prassi consolidata quella di inserire all’interno di contratti, siano essi nazionali od internazionali, clausole che consentano la risoluzione o la rinegoziazione dello stesso al verificarsi di eventi di forza maggiore, che possono essere descritti in maniera più o meno dettagliata a seconda del caso specifico. Alcune clausole prevedono specificamente epidemie e pandemie come cause di forza maggiore che giustificano la risoluzione del contratto, altre invece utilizzano un linguaggio più generico ed aperto a diverse interpretazioni. Pertanto, è necessario verificare in via preliminare la presenza o meno di tali clausole all’interno del contratto in esame ed interpretarle per capire se la situazione attuale rientri in una causa di forza maggiore prevista dalle stesse.

Diversamente, nei casi in cui il contratto non contempli clausole specifiche, le regole cui fare riferimento vanno rinvenute nella legge applicabile al contratto. Nel nostro ordinamento non abbiamo una definizione codicistica di forza maggiore, ma, secondo dottrina e giurisprudenza formatesi sul punto, questa consiste in eventi naturali o umani imprevedibili e straordinari che fuoriescono dal controllo delle parti contrattuali e che rendono impossibile l’adempimento delle stesse. All’uopo, un richiamo normativo cui fare riferimento è l’articolo 1256 del codice civile che, benché non richiami espressamente il concetto di forza maggiore, sancisce l’estinzione dell’obbligazione qualora questa diventi impossibile per causa non imputabile al debitore. La norma fa riferimento a due requisiti necessari per la sua applicazione, il primo è di carattere oggettivo e si concretizza nell’impossibilità obiettiva (quindi non una mera difficoltà) di adempiere alla prestazione, mentre il secondo, di carattere soggettivo, richiede che l’evento non sia imputabile alla parte che invoca l’impossibilità.

A livello internazionale, invece, la disciplina da seguire è quella contenuta nella Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci all’articolo 79, nei principi di Unidroit, in particolare il principio 7.1.7, e nella Clause Force Majeure stabilita nel 2003 dalla Camera di Commercio Internazionale. Seppur contenuta in strumenti internazionali diversi, la clausola richiama, in termini più o meno diversi, i medesimi requisiti, ossia straordinarietà e imprevedibilità dell’evento e la sua non imputabilità al debitore. Inoltre, va aggiunto che, sia in ambito internazionale che nazionale, sono necessari due ulteriori requisiti per invocare legittimamente la forza maggiore:

1.   che l’evento scatenante la causa di forza maggiore sia precedente al verificarsi dello stesso,

2.  che la parte impossibilitata dia comunicazione tempestiva del verificarsi dell’evento, rispettando così il principio di buona fede contrattuale e dando modo alla controparte di adottare misure idonee per limitare i danni.

Questi requisiti sono stati espressamente richiamati anche dalle corti, come ad esempio in uno dei casi che si è trovata ad affrontare la Corte arbitrale cinese (CIETAC). La controversia in questione verteva sull’inadempimento di un’impresa cinese, che dopo aver concluso un contratto con un’impresa olandese, adduceva a giustificazione del suo inadempimento lo scoppio della SARS. La Corte ritenne però l’imprenditore cinese inadempiente e responsabile per i danni causati alla controparte olandese, in quanto l’emergenza SARS scoppiò prima della conclusione del contratto e che quindi essa non poteva essere qualificata come un evento imprevedibile per la parte; inoltre, l’impresa cinese aveva avvertito la controparte della situazione con svariati mesi di ritardo impedendole così di adottare delle misure che avrebbero potuto contenere i danni.

Ulteriore aspetto che è bene analizzare concerne gli effetti che scaturiscono dal ricorso alla clausola di forza maggiore. È necessario infatti, per prima cosa, verificare se l’impossibilità nell’adempimento da essa causata sia definitiva o temporanea (distinzione che opera anche l’articolo 1256 cc.): se l’impossibilità rende la prestazione inattuabile sine die e in modo irreversibile sarà definitiva, ove invece l'impedimento influisca sulla semplice durata, nel senso di dipendere da una causa che si ritiene essere di natura transitoria, l'impossibilità sarà temporanea. La distinzione ha un effetto pratico rilevante poiché da essa dipendono gli effetti che il contratto produrrà o non produrrà nel momento in cui la situazione emergenziale cessi e si ritorni alla “normalità”. Difatti, se l’impossibilità è assoluta opererà la risoluzione del contratto per cui una volta tornati alla normalità nessuna prestazione sarà più dovuta da entrambe le parti. Diversamente, se l’impossibilità è temporanea opererà la sospensione del contratto, per cui il debitore non sarà responsabile per il ritardo nell’adempimento, ma cessata la situazione che rende la prestazione impossibile il rapporto contrattuale rivivrà in tutte le sue parti sempreché, tenuto conto della natura e dell’oggetto dell’obbligazione, il creditore abbia ancora interesse alla prestazione.

Vi sono casi, poi, in cui la prestazione non è impossibile, bensì più onerosa. In questa evenienza è possibile applicare, nel caso di contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, l’articolo 1467 del codice civile, che permette alla parte per cui la prestazione è divenuta troppo onerosa di risolvere il contratto. La risoluzione potrebbe essere però evitata dalla controparte se questa si offrisse di rinegoziare le condizioni contrattuali per riportare le prestazioni ad equilibrio. Nondimeno, anche in questo caso lo squilibrio che giustifica la risoluzione del contratto deve essere causato da un evento non prevedibile, straordinario e non imputabile al debitore. A livello internazionale la clausola di cui va verificata l’esistenza è quella dell’Hardship, che richiede che l’evento disruttivo dell’equilibrio contrattuale sia imprevedibile, al di fuori del controllo della parte svantaggiata e che non sia ad essa imputabile. A differenza della Force Majeure però, nel caso dell’Hardship, il contratto non può essere risolto ma solo rinegoziato e quindi continuerà a produrre i suoi effetti sebbene in maniera diversa da quella inizialmente pattuita.

Questa situazione si ripercuote necessariamente anche nell’ambito del contenzioso poiché sono i giudici (o gli arbitri) i soggetti chiamati a pronunciarsi sulla sussistenza o meno della causa di forza maggiore nelle situazioni specifiche. A titolo esemplificativo, la Corte Suprema cinese, durante l’epidemia di SARS, si pronunciò più volte circa gli inadempimenti contrattuali delle imprese cinesi, affermando che qualora queste fossero inadempienti per motivi legati all’epidemia o alle misure restrittive adottate per contenerla, dovevano essere considerate come esenti da responsabilità.  Anche nel nostro Paese vi sono state pronunce a riguardo, ad esempio, la Corte di Cassazione sez. Civile che nel 2007 ha confermato la legittimità della pronuncia di scioglimento di un contratto avente ad oggetto un viaggio vacanza a Cuba, essendo in atto sull'isola un'epidemia di dengue emorragico, in quanto tale evento non era né prevedibile al momento della conclusione del contratto né tantomeno imputabile all’agenzia.

In ultimo, altro strumento valido per gestire la situazione corrente potrebbe essere quello della mediazione. Questo istituto ha infatti il pregio di aiutare le parti a trovare un accordo favorendo la rinegoziazione al posto della risoluzione di modo che si possa preservare non solo il contratto, ma anche il tessuto economico sottostante ad esso. Sebbene infatti, quella della risoluzione sia una via percorribile, rispecchia sicuramente la soluzione più drastica rispetto alla rinegoziazione che preserva i rapporti economici tra le imprese in vista di un miglioramento della situazione e di un ritorno alla normalità.

 

Nota del redattore: il presente testo, lungi dal voler offrire soluzioni ad hoc per casi concreti, può essere utilizzato come linea guida per orientarsi nella complessa situazione che stiamo vivendo.