Corte di Giustizia dell'Unione Europea - Registrazione dell’orario di lavoro giornaliero

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea sancisce l’obbligo a carico dei datori di lavoro di istituire un sistema di registrazione dell’orario di lavoro giornaliero (Sentenza Causa C-55/18)

Un sindacato spagnolo ha citato in giudizio un importante istituto bancario chiedendo di istituire un sistema di registrazione dell’orario di lavoro giornaliero svolto dai membri del suo personale.

Secondo tale organizzazione sindacale, quest’obbligo presenterebbe un duplice vantaggio: da un lato consentirebbe di verificare l’effettivo rispetto dell’orario di lavoro e dall’altro, in ossequio alla normativa spagnola, consentirebbe ai rappresentanti sindacali nazionali di essere a conoscenza delle ore di straordinario effettuate realmente. Il diritto spagnolo, infatti, non sarebbe in grado di garantire il rispetto della direttiva sul rispetto dell’orario di lavoro né di quella sulla sicurezza e la salute dei lavoratori[1].

La questione è stata portata innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale ha dichiarato che tali direttive, interpretate alla luce della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (la “Carta”), ostano ad una normativa che, secondo l’interpretazione che ne è data dalla giurisprudenza nazionale, non impone ai datori di lavoro l’obbligo di istituire un sistema che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore.

La Corte rileva che, in assenza di un sistema che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore, non c’è modo di stabilire con oggettività e affidabilità né il numero di ore di lavoro svolte e la loro ripartizione nel tempo né il numero delle ore di lavoro straordinario, il che rende eccessivamente difficile per i lavoratori, se non impossibile, far rispettare i loro diritti. Per la Corte, dunque, una normativa nazionale che non prevede l’obbligo di ricorrere a uno strumento che consente tale determinazione non è idonea a garantire l’effetto utile dei diritti conferiti dalla Carta e dalla direttiva sull’orario di lavoro, poiché essa priva sia i datori di lavoro sia i lavoratori della possibilità di verificare se tali diritti sono rispettati.

Una tale normativa potrebbe quindi compromettere l’obiettivo della direttiva consistente nel garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, e ciò indipendentemente dalla durata massima dell’orario settimanale di lavoro fissata dal diritto nazionale.

Di conseguenza, al fine di assicurare l’effetto utile dei diritti previsti dalla direttiva sull’orario di lavoro e dalla Carta, gli Stati membri devono imporre ai datori di lavoro l’obbligo di istituire un sistema oggettivo, affidabile e accessibile che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore.

Spetta agli Stati membri definire le modalità concrete di attuazione di tale sistema, in particolare la forma che esso deve assumere, tenendo conto, delle specificità proprie di ogni settore di attività interessato, e anche delle particolarità, delle dimensioni di talune imprese.


[1] Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L299, pag.9) e Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere un miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.